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Rock Recensioni AQUALUNG – Memory Man (Columbia 2007)
 

AQUALUNG – Memory Man (Columbia 2007) Hot

ImageLa stima che ho maturato per Matt Hales (aka Aqualung) ed il suo entourage (principalmente il suo fratellino Ben e la liricista nonché consorte Kim), non proviene certo dalle sue composizioni più recenti, ma da anni di gavetta a base di sano ed effervescente britpop (vedi band quali Ruth e The 45s) ed altrettante delusioni per non essere riusciti ad entrarne nel gotha pur avendone decisamente i mezzi. Ed allora, freschi di ennesimo taglio contrattuale, i nostri fratelloni non si sono persi d’animo e grazie al primo vero colpo di fortuna (a volte basta una canzone), l’ottimo Matt fa centro con “Strange & Beautiful”, brano scelto come spot di una marca di automobili teutonica che produce il noto maggiolino (Beetle, che strano caso per un cultore dei fab four). Allo stesso tempo questa composizione lo fa bruscamente deviare dalle tracce del passato catapultandolo in un universo contemporaneo. Da questo momento diventa Aqualung, l’uomo con il pianoforte e la voce struggente che conseguentemente lo porta ai paragoni più disparati con altri artisti più noti quali Thom Yorke, Chris Martin ed a tratti viene addirittura accostato a Bono. Ma Matt Hales è Matt Hales ormai da un pezzo ed il suo primo lavoro, pur elaborato frettolosamente per sfruttare il traino della hit track, possiede fascino e trasuda potenzialità a venire.



Il secondo lavoro “Still Life” ha qualcosa del precedente e inaspettatamente qualcosa di ancora più remoto, tanto che una major (di nuovo) ne considera il valore per il lancio negli Stati Uniti presentando al pubblico americano una specie di best of dei due lavori come fosse un lavoro d’esordio. Il risultato è che “Memory Man”, registrato nel 2006 ancora per la Columbia, viene pubblicato prima negli Usa che nel suo paese natale. Il disco ci mostra un Matt sempre più padrone dei suoi mezzi, a tratti veramente eccelsi, e questo prodotto così ben allestito e confezionato ne sancisce la definitiva e giusta affermazione. Così il primo impatto ci indica subito in “Pressure Suit”, “Cinderella”, “Vapour Trail” ed “Outside” i potenziali singoli di sicuro effetto. Con l’ascolto (non fermiamoci mai al primo) emergono tutte le altre gemme nascoste: l’incalzare di “Something To Believe In”, la delicatissima e struggente “Glimmer” e la malinconica “The Lake”. In effetti il disco all’ascolto sembra quasi diviso in due parti, infatti degli ultimi cinque brani ben quattro ne evidenziano il lato più oscuro e tenebroso inframmezzato unicamente dal lampo di “Outside” grazie anche al quale si assaporano ed apprezzano l’elevata qualità compositiva di Matt anche nei suoi momenti “noir”. La perla del disco però l’ho tenuta per ultima: mentre ascoltate “Rolls So Deep”, secondo me la vetta più alta di questo lavoro (e qui scomodo i paragoni che tanto disdegno), George Harrison, Jeff Lynne e Brian Wilson vi sembrano tanto lontani da qui? (Ennio Trost)

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