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Rock Recensioni RICHARD THOMPSON - Sweet Warriors (Proper Records 2007)
 

RICHARD THOMPSON - Sweet Warriors (Proper Records 2007) Hot

Image Who Knows Where The Time Goes? cantava una malinconica Sandy Denny nell’epocale Unhalfbricking dei Fairport Convention datato 1969. A più di 35 anni di distanza le risponde con una ballata quasi speculare il grande Richard Thompson, che dei Fairport era il leader e il chitarrista: Take Care The Road You Choose dice in Sweet Warrior, il suo ultimo album. Vale a dire, se ti prendi cura della strada che hai scelto, non sarai inghiottito dalle nebbie di un tempo che scorre inesorabile. A questo proposito ci torna in mente un fin troppo asciutto piccolo consiglio che Joe Zawinul diede una volta a Jaco Pastorius: di fronte al miglior bassista elettrico di sempre e alle sue profonde inquietudini, Zawinul gli disse sostanzialmente che per passare indenne attraverso le più complesse vicissitudini doveva solo continuare a fare quel che sapeva. Come sappiamo, Jaco non riuscì a seguire un così impalpabile precetto – ben altro era l’ascolto di cui aveva bisogno -, ma per fortuna personaggi come Richard Thompson continuano ad avere gli strumenti adeguati per restare ancora fra noi e scrivere e suonare musica indispensabile a dispetto della lunga strada già percorsa.

Sweet Warrior è un altro bel lavoro capace di distillare note per chiunque viva attivamente il nostro travagliato presente con la giusta passione civile e il necessario pensiero critico. Take Care The Road You Choose è solo uno dei molti brani che affollano felicemente un’album perfettamente in linea con la classicità del folk rock britannico e decisamente arrabbiato contro i venti di guerra che spazzano il pianeta un po’ in tutti i suoi angoli: Dad’s Gonna Kill Me è momento focale dell’intero progetto. Ostilità e rabbia nei confronti dello stupido pensiero dominante, ma non mancanza di ironia, e solarità. Anzi, Richard Thomposn sembra animato da un desiderio e un piacere di suonare anche maggiore di quello che gli riconoscevamo. Il suo spettacolare, unico tocco sulle corde della chitarra, sempre pronto ad esaltarsi nelle dinamiche di gruppo piuttosto che in roboanti solipsismi, brilla come non mai per vivacità, colore e intensità: in sintesi una musica che guadagna in combattività e perde in malinconia. Un lavoro da saggiare e gustare a poco a poco in cui fa capolino, tra gli altri, l’ottimo contrabbassista Danny Thompson già protagonista nei Pentangle di John Renbourn e Bert Jansch: un bel ponte tra le due grandi vie britanniche al folk rock preludio di chissà quali altri collaborazioni. (Marco Maiocco)

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