Il problema di Laura è semplice: al momento il vagone delle “cantautrici americane in bilico tra rock e tradizione” è affollato come non mai. Il rischio di essere solo una delle tante è cospicuo e non va ignorato. Ma, in fondo, anche i meriti di Laura sono evidenti: riesce a scrivere canzoni efficaci, buone melodie con ottimi vestiti addosso. La sua mano nell’arrangiamento (si parli di utilizzare un coro gospel, virare verso scenari soul, denudare il country) è sicura e decisamente sopra la media. E così Saltbreakers riscatta il parziale fisco del precedente Year Of Meteors e torna, con più vigore, sul terreno scintillante di Carbon Glacier, ad oggi il suo lavoro più coinvolgente. Questo non è uno di quei dischi/diario lagnosi e saputi, è un album vivo e ispirato. Solo si è scelto un linguaggio che, oggi, va per la maggiore. (Marco Sideri)
{mos_sb_discuss:11}