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Rock Recensioni BRIGHT EYES - Cassadaga (Saddle Creek 2007)
 

BRIGHT EYES - Cassadaga (Saddle Creek 2007) Hot

ImageUna certa esagitazione espressiva sembra essere caratteristica dei tre più brillanti giovanotti alt-rock di questi tempi: Conor Oberst, Ryan Adams e Devendra Banhart. Come a dire, molto talento non sempre ben gestito. Dei tre, quello a cui si possono più facilmente perdonare gli eccessi creativi è proprio Oberst. I suoi dischi a nome Bright Eyes sono andati in crescendo fino al torrenziale e monumentale “Lifted, Or…” (2002), dopodiché le uscite gemelle del 2005, “I’m Wide Awake, It’s Morning” e “Digital Ash In A Digital Urn”, avevano fatto pensare a un artista vittima di troppo autocompiacimento. L’anno scorso, un disco live (“Motion Sickness”, bello) e  un’antologia di rarità (“Noise Floor”) sembravano ulteriori indicazioni di una stasi creativa. Oggi, l’uscita di “Cassadaga” dimostra che Oberst non ha perso il suo estro e che, se difficoltà esistevano, erano di ordine psichico piuttosto che artistico.

 

 

“Cassadaga” è anche il nome di una comunità spirituale in California (di cui Oberst è stato ospite?) e diversi brani del disco sono caratterizzati da accenti dolorosi che vengono alla fine vinti, se non travolti, dall’espressività del nostro, proprio come se si trattasse di un percorso di recupero in forma sonica. Accade in canzoni da ‘cuore a nudo’ come “If The Breakman Turns My Way” (che ricorda curiosamente le ballate di Ian Hunter), “Make A Plan To Love Me” (con tanto di coro femminile e orchestra), “Soul Singer In A Session Band” e nella toccante e conclusiva “Time Tree”. Ma anche il pot-pourri alla Nusrat Fateh Ali Khan di “Coat Check Dream Song” finisce per essere a suo modo coinvolgente. (Antonio Vivaldi)

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