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Diario del 21 ottobre

Diario del 21 ottobre
- 59 ai 55 anni di Disco Club
Ve l'ho detto già ieri che hanno preso Dario per l'ufficio informazioni. Oggi però uno si supera, si avvicina alla sua postazione e gli chiede, "Sa come si cancellano i messaggi dal telefonino?". E' un po' troppo, persino Dario rifiuta l'aiuto!
Oggi sono tutti alla ricerca di qualcosa di lieve, forse da contrapporre alla tensione da covid.
Prima un cliente mi dice, "In questo momento ho bisogno di spazio di luce" e mi porta un vinile usato dei Dik Dik, io "No, questi non vanno bene, si sa che sono senza luce...". Va be' dai, era una battuta.
Il secondo, cliente (manco troppo) da vecchia data un po' stundaio, vuole musica pop, di quella facile, "Il rock è triste e polveroso, compro questo cd degli Orb, questo è da clubbing (parole sue), almeno, se ci chiudono di nuovo in casa ho qualcosa da ballare", conclude con una sentenza, "Ecco, i Genesis avrebbero dovuto fare questa svolta quando è entrato Wilson" e se ne va soddisfatto.
Triste è sicuramente il ricordo che vi propongo stasera, andando avanti di un altro anno dalla fondazione di Disco Club. Siamo nel 1967.

L'amaro addio di Luigi Tenco
"Il pubblico non mi ha capito"
Dalida presagiva una disgrazia: fu la prima a scoprire il cadavere (da uno dei nostri inviati) – Sanremo, 27 gennaio
Gli uomini delle pulizie cominciavano a vuotare i posacenere e a spiumacciare i cuscini dei divani, da un finestrone usciva una nuvola di fumo trasparente. Erano le sette, e ancora c'era gente in piedi, nei saloni dell'hotel Savoy, gente che continuava a parlare e fumare, facce stanche e pallide, voci sommesse, arrochite dal sonno e qualcuno dal pianto.
Il dottor Molinari, commissario di Sanremo, aveva completato gli accertamenti e neppure lui riusciva ad andarsene. Uno degli agenti che gli stavano alle spalle, teneva in mano il pacco contenente la pistola Walther calibro 7,65; una scatola verde avvolta alla meglio in un pezzo di giornale. Tenco se l'era portata da Roma.
...
"Prendete quel biglietto", balbetta Dalida mentre la portano su: "Attenti c'è un biglietto". E' la lettera d'addio del suicida, la sua protesta contro il mondo; sono quattro, cinque righe scritte con la biro, con una calligrafia veloce, ma chiara: Ho speso gli ultimi cinque anni della mia vita per il pubblico italiano, il quale mi ripaga preferendo alla mia canzone "Io tu e le rose" e "La rivoluzione". (Giancarlo Del Re, 28 gennaio)

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