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Il Diario di Disco Club Il Diario di Disco Club Diario - Dal 19 al 24 agosto
 

Diario - Dal 19 al 24 agosto Diario - Dal 19  al 24 agosto Hot

cartolinaDiario del 19 agosto
Sono stato assente dal negozio per cinque giorni e mezzo, al ritorno mi attende una cosa ormai insolita: una cartolina.
Ecco il testo: "Com'è purtroppo è così - puo solo peggiorare con - la madonna del Rosario - Tutti daccordo per coprire - stragi e politici ma - i genitori sono - indiscutibili - Ho dei 45 e 33 giri - cassette registrate tutte -rovinate Saluti - sinceri gradita - risposta a presto - se potesse e lo so!" (vedi sotto foto della cartolina).
Uno scherzo o una triste realtà?"

Diario del 21 agosto
"Ciao amico" - eccolo di nuovo qui - "Sei tornato? Senti ti devo chiedere una cosa: mi prenderesti a lavorare con te?". Impallidisco solo all'idea, me la cavo con "Sono solo, come vedi, e purtroppo ce ne cresce"; "Te l'ho chiesto anche qualche anno fa e mi hai risposto nella stessa maniera, ci si guadagna di più a stare da soli, eh?". Non capisco bene se con questo vuol dire che sono ripetitivo o bugiardo, ma lui cambia discorso, "Ce l'hai il cd dei Cure intitolato Cure e quello dei Cult intitolato Cult? Non li voglio adesso, ma se me ne viene la voglia vengo a prenderli, anche se mia mamma non vuole: quanto rompe mia mamma!", e se ne va.
Ore 19:03, ho già spento le luci della vetrina e quasi tutte quelle in negozio, con me ci sono ancora U Megu e Marco di Ronco, ma, mentre faccio le chiusure di cassa, si aggiunge a loro un giovane, lo stoppo, "Scusa, siamo chiusi", mi guarda con occhi di ghiaccio e, altrettanto freddamente, mi dice "Veramente non si capisce". Potrei fargli notare che sulla porta è ben evidente il cartello con l'orario, ma mi limito a fargli vedere le luci "Sono spente"; la cosa non lo convince "Non mi sembra per niente evidente che il negozio sia chiuso". Lascio perdere "Dimmi ad ogni modo", "Devo fare un regalo a un mio amico", "Sì, che cosa vuoi?", altro sguardo gelido "Devo scegliere", mi raffreddo anch'io "Devo chiudere, tra cinque minuti ho l'autobus". "Grazie", "Prego, scusi", "Non tornerò" e offesissimo ci lascia.

Diario del 22 agosto
Alla ribalta oggi i soliti vecchi clienti con i loro comportamenti di ordinaria follia. A dire il vero incomincia ieri U Megu; entra euforico e se ne esce fuori con "Capitan Achab ha vinto il Tour de France!", "Che cavolo dici?", "Sì, sì, e tu lo hai aiutato facendo da gregario"; mi sono dimenticato del suo ciclismo virtuale, "Tranquillo glielo riferisco", cosa che faccio in serata e Capitan Achab reagisce con "E' proprio fuori lui e il suo ciclismo virtuale. Tra l'altro io potrei vincere la corsa di un giorno, non certo una a tappe".
Oggi è Capitan Achab ad entrare euforico "Sono diventato padre!", "In che senso?", "E' nato mio figlio Lennart". Non mi risultava che avesse una qualche relazione, ma poi mi ricordo che anche lui ha una vita virtuale, "Ah, l'hai avuto dalla tedesca?", "No, con lei è finita. Tra l'altro, poveretta, le è morto il fratello", "Per finta?", "No, per davvero. Adesso sto con una svedese", "Per davvero?", "No, per finta". Va be', spero solo di non dover fare un regalo al piccolo VirtualLennart.

Diario del 23 agosto
Qualcuno di voi si ricorderà di Mario, quello del cavallo a dondolo. Ne ho parlato due anni fa nella rubrica Il Mondo visto da Disco Club del sito. Riassumo per chi non ha letto o non si ricorda: un giorno Gianni, storico cliente del negozio, si reca a far visita ad un altro assiduo, Mario: lo accoglie la madre, "C'è Mario?", "Vada, vada, è nella sua stanza in fondo al corridoio. Glielo dica anche lei che alla sua età (all'epoca trentanni) non dovrebbe più fare certe cose"; Gianni avanza ed ecco inquadrare nel vano della porta "Buffalo" Mario che, con un cappellaccio da cowboy, sta ascoltando un disco del suo cantante preferito dimenandosi su ... un cavallo a dondolo!
Bene, dopo qualche anno di latitanza, Mario è tornato (chissà, magari il vecchio cavallo è morto ed ha dovuto sostituirlo con uno nuovo), gli anni sono raddoppiati, ma i gusti sono sempre gli stessi: country con qualche incursione nel southern rock. L'ultima volta, ad esempio, mi ha ordinato il nuovo cd di Dottie Jack, "Tra quanto arriva Gian?", "In questo periodo ci vogliono almeno due settimane". Era venerdì, al lunedì successivo primo squillo di telefono alle 8,40, "Sono Mario, volevo sapere se è arriv", "Ti ho detto che ci vogliono due settimane", "Ah, va bene, ti chiamo venerdì", "Non questo..." sto per urlargli, ma ha già posato. Non desiste e quasi quotidianamente sento il suo "Sono Mario...". Oggi si presenta di persona, "Sai mica", "Sììììì. Arriva oggi", "Ma porca miseria, proprio oggi che devo partire. A proposito di partire, posso raccontarti una freddura che mi sono inventato?"; già mi viene freddo al pensiero, ma lui continua, "Sai da dove parte per le ferie il becchino?", il mio sguardo desolato non lo ferma e conclude, "Dal binario morto" e mi lascia sghignazzando contento.
Quando U Megu, arrivato subito dopo, sente quello che gli racconto su Mario, un po' geloso mi dice, "Anch'io mi sono inventato una freddura", "No, dai, chissà che cazzata", "No, no, è bella. La vuoi sentire?". Il mio "no" è assolutamente inutile, perché lui parte con "Sai dove va a sciare Ali Ağca?", "Non mi interessa" e per la prima volta nella giornata mi accascio sullo sgabello in attesa della conclusione, che arriva immediata, "A San Sicario". Prima di svenire, vedo U Megu che assume la sua tipica posizione da Don Abbondio: le mani appoggiate allo sporgente addome che ballonzolano per le convulsioni provocate dalle sue risate.

Diario del 24 agosto
Signora anziana (insomma, poco più dei miei anni), si aggira tra gli scaffali della musica italiana e dopo un po' mi chiede, "Non avete dischi nuovi? Avete solo questi vecchi?" e, sogghignando (sarà mica un'assidua lettrice del Diario?), mi indica il famigerato cd di Gianni Togni (a proposito ragazzi, promettete sempre di venirlo a comprare e invece è sempre qui). "Cosa intende con nuovi?", "La Pausini", "Non ne ho", Ramazzotti", "No", "Zucchero", "Ecco! Ho l'ultimo", "Quello ce l'ho già, ma non l'ho preso da voi", "Quanto l'ha pagato?", "Venti euro", con un ghigno di soddisfazione "Noi lo vendiamo a dieci", lei, vendicativa, "L'ho preso da un'altra parte perché quando vengo qui, non avete mai niente. Ne avete altri almeno di Zucchero?", io, maleducato, "A una certa età troppo zucchero fa male", lei, superiore, "Zucchero è un grande, dovreste tenerne di più; tornerò un'altra volta, vediamo se prima o poi riesco a comprare qualcosa da voi. Buongiorno".

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