Un album dalle tematiche che fanno riflettere, servite su un tappeto musicale, spesso di potenza inusuale, talvolta invece di raffinata acustica flemma; un lavoro che non appartiene ai nostri tempi, o perlomeno non appartiene alla (voluta) degradante tendenza modaiola smerciata senza pietà. Chi ha idee interessanti deve autoprodursi perché il "sistema" odierno, ancorato al banale, non ne prevede la diffusione; uno di questi che "hanno idee" è Massimo di Via che coglie il bersaglio pieno con il suo terzo cd. In bilico fra denuncia sociale e sincero "outing" sulla sua condizione bipolare, che condizionerà inevitabilmente lo sviluppo dell'album, Massimo riesce a costruire un credibile "concept" che decolla da un letto in un reparto psichiatrico, rilegge un passato fatto di soprusi, ma di altrettanta fiera opposizione, ed atterra nel luogo natio a ritrovare sicure origini e possibili risposte.
I testi sono sentiti, ponderati, ma diretti, spesso violenti nella loro sincerità e per questo rimangono impressi; la musica, che spazia dal folk, al country, al southern rock, concedendosi delicati tocchi "knopfler style" ed infinite elettriche calvalcate younghiane, spesso non lascia tregua costringendoci ad un ascolto, se vogliamo, ancora più attento. Questo non è un cd mordi e fuggi, uno di quelli che metti nel lettore e poi decidi di fare contemporaneamente altre cose; non è una colonna sonora del nostro agire quotidiano, ma è il respiro del nostro esistere quotidiano, quello che fatto a pieni polmoni, in piena consapevolezza e massima concentrazione... ci mantiene ancorati alla vita. (Mauro Costa)