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GANG - Il seme e la speranza

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Il seme e la speranza
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Partiti come impetuosi e rumorosi Clash nostrani, sempre più legati nel corso della loro vicenda ad una ruspante canzone di protesta (diciamo) più autoriale (alla Billy Bragg per intendersi), i marchigiani fratelli Marino e Sandro Severini e la loro Gang sono da tempo una delle realtà più vive, solide e interessanti del popular italiano, oggi quasi più vicini all'emozionante formulaicità folk di un Robert Fisher e della sua Willard Grant Conspiracy, che alle rispettabilissime sferragliate punk dello scatenato Joe Strummer degli esordi. Perché, in effetti, le loro urticanti e però forse un po' introverse (per lo meno all'inizio) chitarre hanno negli anni ampliato lo spettro sonoro, trovato maggiori soluzioni, cercato di interpretare con sempre più generosità e respiro, dispiegandola, quasi stendendola al sole, la ballata popolare, valorizzandone al meglio le potenzialità evocative e narrative, ed aprendosi anche ad un numero via via più ampio di illustri collaborazioni, come avviene in questo storico, nel senso di affidato alla storia già da qualche anno, "Il seme e la speranza". Da sempre impegnati sul fronte della memoria resistenziale e del suo universo di valori - splendido a questo proposito il loro progetto con l'attore Daniele Biacchessi sul famoso Armadio della Vergogna -, i Severini oggi ripubblicano a grande richiesta, in un'aggiornata rimasterizzazione, questo suggestivo ed ambizioso concept album (pubblicato nell'ormai lontano 2006) dedicato al perduto mondo contadino, divorato da una soffocante industrializzazione e dalla "cultura" della macchina e dell'accumulazione, e alle sue nobili fatiche (forse un po' troppo idealizzate, come Carlo Levi non avrebbe certo esitato a denunciare). Un modo per cantarne, sia la dignitosa lotta per l'emancipazione (laddove si è verificata), sia soprattutto gli antichi saperi, legati alla mirabile arte (tutta da recuperare) di ricavare dalla terra la vita e il necessario sostentamento, simbolo di speranza appunto, oltre che di un possibile futuro. Insieme ad un ampio ventaglio di preparati strumentisti, tante, come detto, le collaborazioni di peso, dal Coro delle Mondine di Novi al compianto Andrea Parodi, da Stefano "Cisco" Bellotti a Gastone Pietrucci de La Macina; e massiccia, come al solito, la dose di pathos e carica emotiva infusa in un lavoro corale tutto da ascoltare, che invita a "riappropriarsi" con consapevolezza della terra e a tornare alla semplicità, potremmo dire gandhiana, alla quale induce, perché "This Land Is Your Land", come diceva Woody Guthrie. Una ristampa quanto mai attuale, se non altro un ottimo spunto di riflessione, in un'epoca post industriale priva di indirizzo come la nostra, nella quale anche il capitalismo molecolare, come direbbe il sociologo Aldo Bonomi, risposta tutta italiana (o quasi) alla fine del fordismo, sembra ormai entrato definitivamente in crisi. Sempre necessari. (Marco Maiocco)

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