Bosconi Extra Virgin si conferma tra le etichette più vitali dell'underground italiano con l'album d'esordio dell'afroitaliano Hervè Atsè Corti, in arte Herva. Sintesi di influenze che sorprende non poco, alla luce della giovane età del musicista fiorentino, Meanwhile In Madland non insegue la logica del tool da mixare a tutti i costi e traccia dopo traccia schiude un disegno dal respiro personale: lo dimostra l'inclusione di Soul Crash, Breathe! e Triangle, già edite, ma non del bellissimo singolo Skin, estraneo allo spirito di questo lavoro balearico e lunare. E come un Burial che anziché nelle costellazioni metropolitane londinesi ambienti i suoni del dopo rave su una spiaggia deserta, al flebile chiarore delle stelle, Herva compone pulsanti trame elettroniche le cui maglie trattengono synth sgranati, bassi dubstep e samples vocali usati come cerniera ritmica. Lo spettro di variazioni sul tema copre le tentazioni lounge di Soul Crash e My Mono Relax, l'idm aliena di Useful Distortion e Memories, sorretta da beats in odore di Autechre, il downtempo isolazionista di Broken, memore del primo Tricky in un'ipotetica rivisitazione di Burial, perfino un soul incapsulato in loop (Breathe!) e il funk in cristalli di Reality Madness. Filo conduttore, un drumming che senza perdersi in sperimentalismi mai ricorre a soluzioni scontate, neanche nei rari episodi in cassa dritta tra cui spicca In The Right Way, house music sottotraccia come nei giochi di specchi di Moodymann (e che deve qualcosa ai Global Communication di The Way). La produzione, senza sbavature, è accreditata allo stesso Herva, mentre il label owner Fabio Della Torre sorveglia il banco mixer con discrezione. (Emiliano Russo)