Sul sito dei Cadira viene riportato questo splendido commento del poeta Federico Garcia Lorca che Bob Dylan avrebbe certamente collocato in qualche abbaino lungo la sua via della desolazione e che invece il generale Franco decise di giustiziare impunemente. “Tra gli elementi vivi incontrati girando per la Spagna, due ne ho trovati che vivono un presente trepidante: le canzoni e i dolci. Mentre cattedrali e monumenti restano fissi, la canzone si evolve, salta come una rana e si porta dietro la viva luce delle ore antiche.” Parole illuminate e illuminanti che in sostanza definiscono la canzone popolare: nel migliore dei casi tesa a reinventare la tradizione, nel peggiore a conservarsi intatta ma sempre a partire da un’inevitabile selezione del patrimonio tradizionale, che di fatto continua a ricostituirsi. I Cadira, ovvero la splendida voce dell’italo-spagnola Eugenia Amisano e i molteplici strumenti a corda del genovese Paolo Traverso, tutto questo lo hanno capito da tempo.
Innamorati delle diverse forme ed espressioni musicali che nei secoli si sono intrecciate sul territorio iberico, vero e proprio crocevia di genti, popoli e religioni differenti, in questo secondo lavoro elaborano un proprio stile che cerca di offrire un quadro esauriente di questa caleidoscopica ricchezza, mai dimenticando il proprio punto di partenza e la più ampia appartenenza all’ormai codificato mondo delle “note mediterranee”. Aradas, in italiano arature, è quindi disco ricco e incantato che spazia dall’antico repertorio degli ebrei sefarditi all’eleganza delle canzoni delle corti cristiane, dalle arabeggianti melodie andaluse fino all’ancestrale e fiabesca potenza dei brani di estrazione galiziana e basca. Tutto in perfetto equilibrio tra formulaicità e libertà espressiva, puntuale sensibilità per le “ore antiche” e apertura alle più diverse contaminazioni. Il progetto vive di un’ assoluta compatezza e organicità in cui brillano gli arrangiamenti e le composizioni di Paolo Traverso, la coinvolgente, sorprendente voce di Eugenia Amisano - eccezionale per controllo ed espressività - e una rotonda presa del suono. Impreziosiscono la registrazione due mostri sacri del solismo ligure quali Mario Arcari ai flauti e all’oboe e Marco Fadda alle percussioni, la presenza del grande percussionista iraniano Mohssen Kasirossafar e la voce rauca e consapevole di Moni Ovadia impegnata in un paio di brani: prima in un duetto melismatico su un’antica nenia sefardita e poi nel recital di un poesia di Garcia Lorca. Ritracciare i percorsi musicali e culturali che hanno segnato i diversi passaggi storici – le arature appunto - è indispensabile per capire le complessità del passato e guardare meglio al futuro. I Cadira questo si prefiggono e la loro musica fornisce senz’altro quegli adeguati strumenti che troppo spesso vengono a mancare. (Marco Maiocco)
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