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documenti_xtm_immagini_discoclub999ooo"Last Shop Standing" #8: Disco Club (Genova)

3/05/2010 - http://www.xtm.it/

Andrea Salacone



Ottava puntata della serie di interviste ispirate dal libro di Graham Jones Last Shop Standing – Whatever Happened To Record Shops? sulle condizioni in cui versano le rivendite di dischi che operano al di fuori delle grandi catene.

Intervista rilasciata da Gian di Disco Club (Genova):

1. Da quanto tempo esiste il negozio?
G: È "nato" il 19 dicembre 1965. All'epoca io ero un cliente. Il proprietario, Carlo Calderone, nel 1972 mi ha chiesto di aiutarlo per la vendita per corrispondenza preparando un bollettino coi titoli presenti in negozio; bollettino che ben presto è diventato una vera e propria rivista, "Pop Records", alla quale hanno collaborato vari clienti del negozio, molti dei quali hanno fatto una notevole carriera giornalistica, da Enrico Ghezzi (Blob), a Flavio Brighenti (XL), da Luca Di Gennaro (MTV) a Massimo Poggini (Max) e altri ancora. Nel 1975 la rivista chiude, e l'anno successivo abbandono anch'io, fino al primo gennaio 1984, quando divento il proprietario del negozio.

2. Quante persone ci lavorano?
G: Attualmente solo io (un quarto di secolo fa, eravamo in sette).

3. Com'è nata l'idea di aprire un negozio di dischi?
G: Come detto, io ero un cliente e diventare il proprietario del negozio era il mio sogno; qualche volta i sogni si avverano.

4. I rapporti con le case discografiche? Nel libro, Jones mette in evidenza che le major favoriscono le grandi catene (gli ipermercati) ai danni dei "pesci piccoli", completamente trascurati. Confermate o smentite la sua asserzione?
G: Ovviamente non posso che confermare. I risultati del resto sono sotto gli occhi di tutti: solo a Genova in meno di dieci anni hanno chiuso ventisei negozi di dischi! Con case discografiche intendo ovviamente le major (Sony, Emi, Warner, Universal), che ormai costituiscono solo il 18% del mio incasso, che si basa sull'importazione e sulle così dette indipendenti (Self, Audioglobe, Goodfellas, I.R.D.).

5. Veniamo agli acquirenti di dischi: nel vostro negozio entrano più clienti "occasionali" o abituali? Sui guadagni incidono di più le spese dei primi o dei secondi?
G: Il 90% sono abituali, e gli incassi dipendono quasi esclusivamente da loro.

6. Età media dei clienti? È vero che gli adolescenti si accontentano di file scaricati dalla Rete?
G: Quando nel 1973 ho cominciato a fare "Pop Records", io, con i miei ventisei anni, ero uno dei più vecchi frequentatori del negozio: negli Anni Settanta l'età media dei clienti era di poco più di vent'anni; quando ho rilevato Disco Club, la media è salita vicino ai trent'anni; negli Anni Novanta, altri cinque anni in più. Adesso ormai la media è vicino ai cinquant'anni: insomma i miei clienti sono invecchiati con me. In quanto agli adolescenti, (a parte poche eccezioni) scaricano dalla Rete solo perchè non sono per niente interessati alla musica (se non a quella proposta da "X-Factor" e "Amici").

7. Scelta dei titoli da tenere in negozio e dei generi musicali trattati: è influenzata dai vostri gusti personali? Dalle recensioni di testate specializzate (quali?)? Prendete in considerazione le hit-parade?
G: Certo, i miei gusti personali incidono sulla scelta delle ordinazioni, ma ormai si tratta di un'influenza reciproca tra me e i miei clienti; io sento, e ordino, quello che mi consigliano loro e loro comprano quello che consiglio io. La hit-parade nemmeno la guardo (sono rimasto a quella di Lelio Luttazzi), mentre leggo le riviste specializzate: per i più anziani il "Buscadero", per quelli di mezza età il "Mucchio", per i più giovani (ma pur sempre sopra i trenta) "Rumore" e "Blow Up".

8. Quali dischi avete venduto di più negli ultimi mesi?
G: Nel 2010, appena cominciato, gli Eels con End Times e i Tindersticks con Falling Down A Mountain; nel 2009, le ultime uscite di Bob Dylan (sempre per i vecchietti, ma non solo), dei Wilco, di Antony, dei Sophia, dei Firekites e di This Immortal Coil.

9. Le richieste più stravaganti ricevute?
G: Da un lontano "Vorrei l'ultimo Lp di Cesare Battisti" in poi, sono state così tante che avrei potuto scrivere un libro; non l'ho fatto, e adesso mi scivolano via nella normalità dell'anormalità.

10. Avventori bizzarri?
G: Io dico sempre ai miei clienti abituali, anzi quotidiani: "Voi venite da me perché vedendo gli altri 'bizzarri' pensate di essere normali". In realtà di normali ne entrano ben pochi, ognuno ha, chi più, chi meno, un suo lato stravagante.

11. Il disco, o i dischi, di cui mai avreste sperato di sbarazzarvi, che tra l'altro siete riusciti a vendere a un prezzo folle?
G: Io non sono portato per gli "sbarazzi" (intesi come tiratura di pacchi) e nemmeno per i prezzi folli: ho avuto per le mani anche un limitatissimo Lp delle "Stelle di Schifano" e, alla fine, l'ho venduto per un decimo del valore.

12. Internet: quanto ha inciso sui ricavi del negozio? Il Web va demonizzato? Lo utilizzate per reperire dischi, anche per le vostre collezioni personali? Vendete dischi on line?
G: Sicuramente avrà inciso negativamente per una percentuale che però non so definire. Ho cercato di usarlo a mio vantaggio creando un sito del negozio, anche se per ora non lo uso per la vendita on line, ma solo per rinverdire tramite il Web le antiche glorie di "Pop Records".

13. Ha senso concepire ancora un negozio di dischi come spazio di scambio culturale?
G: Penso che sia l'unico modo per concepirlo, anche se, purtroppo, manca una voce importante nel coro delle discussioni che scoppiano in negozio: quella dei ventenni.

14. Secondo Jones a sopravvivere saranno le rivendite in grado di adattarsi ai tempi che cambiano. Portando esempi concreti, l'autore intravede uno spiraglio di luce nella scelta di specializzarsi in determinati generi musicali, di ampliare la gamma di prodotti esposti senza snaturare il negozio (ad esempio, con uno stock di strumenti musicali), di sfruttare le potenzialità di Internet per il commercio on line. Visione semplicistica? Soluzioni troppo onerose?
G: Forse l'unica nostra speranza di sopravvivenza è che fallisca la grande distribuzione (non dimentichiamoci che negli Stati Uniti hanno chiuso quasi tutti i megastore di dischi). È chiaro che bisogna aggiungere qualcosa alla gamma solita di vendita (nel mio caso memorabilia come T-shirt e borse), ma la strada principale da percorrere rimane la specializzazione. Per la vendita via Internet, non è facile fare concorrenza a chi lavora in paesi dove i dischi costano meno che in Italia, e per farsi conoscere bisogna spendere in pubblicità; e se c'è una cosa che manca in questo momento ai piccoli negozianti di dischi è la liquidità.

15. Dieci titoli da portare su un'isola deserta?
G: Io ho cominciato a comprare dischi quasi cinquant'anni fa e mi rimane quindi difficile ridurre a dieci i dischi di una vita da acquirente prima e "dischivendolo" poi; tra l'altro, ho notato che mentre per il disco dell'anno si pensa quasi sempre a quelli usciti negli ultimi mesi (dimenticandosi quelli pubblicati a inizio anno), per i dischi dell'isola deserta (i più importanti della nostra storia discografica) si finisce con scegliere quelli collegati alla nostra gioventù: nel mio caso quindi album usciti negli Anni Sessanta o Settanta. Intendiamoci, non sono tra quelli che ritengono che la musica sia finita, anzi sono convinto che anche in questi ultimi anni siano usciti molti bei dischi, e che continueranno ad uscirne. È come se avessimo in mano molti semi pronti a fiorire, ma fossimo privi di due cose fondamentali: 1) il modo di seminarli (la diffusione della musica attraverso le radio e le tv è assolutamente fallimentare, e l'unica chance potrebbe venire proprio dalle radio via Web); 2) l'humus sul quale fare attecchire questi semi. Si torna al punto dolente, mancano giovani che siano veramente innamorati della musica come una volta, e questo senza bisogno di riandare agli Anni Settanta, ma tornando indietro solo di una decina di anni).Detto questo, anche la mia lista risente della nostalgia dei tempi passati, ma con qualche doverosa presenza più recente:
1. I Pink Floyd sono stato il mio primo grande amore rock e non posso esimermi da incominciare con un loro disco, Ummagumma.
2. La musica prog Anni Settanta ha colpito anche me, e i primi sono stati i King Crimson con In The Court Of The Crimson King.
3. Un altro genere a me caro è il folk inglese; i miei preferiti i Pentangle e tra le loro incisioni, Cruel Sister.
4. Tra i cantautori della mia gioventù scelgo quello che ancora oggi continua a influenzare decine di menestrelli melanconici, Nick Drake, e il suo Pink Moon.
5. A proposito di tristezza, ecco il più struggente dei dischi della mia discografia, Rock Bottom di Robert Wyatt.
6. Non ho ancora inserito nessuno dei mostri sacri dei primi Anni Sessanta. La mia scelta cade sui Rolling Stones e, anche se è una raccolta, su Flowers.
7. Il punk mi è un po' scivolato addosso senza rimanermi attaccato (forse perché quando è uscito, io non ero più un ragazzino), ma London Calling dei Clash non può mancare.
8. A questo punto mi resta da scegliere un disco per decennio incominciando dagli Anni Ottanta; non è facile, ma la mia scelta cade sull'esordio degli Smiths, The Smiths.
9. Per gli Anni Novanta invece non ho dubbi: Jeff Buckley con Grace è in testa alla mia personale classifica.
10. Eccoci all'ultimo decennio. Howe Gelb, Luna e Walkabouts tra quelli già presenti nel decennio precedente, Antony, Sophia, Decemberists tra i nuovi, si contendono l'ultimo posto, ma alla fine scelgo Boxer dei National.


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