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CARTA VETROCK di Uriah Festiheep Hot

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Gem Archer
CARTA VETROCK

Marinella Venegoni intervista Vasco Rossi su “la Stampa”. Non senza premurarsi di spiegare al volgo che giù, per strada, ci sono “frotte di ragazzi che lo aspettano giorno e notte”, mentre Lui se ne sta rintanato e inattingibile al “quinto piano di un albergo del centro”. Rintanato per tutti, non per Lei. “La nobiltà obbliga”, diceva il Principe De Curtis”. Che dice, il vate di Zocca? Ad esempio che “Sono trent’anni che scrivo canzoni che divertono o commuovono: i parrucconi e i benpensanti ci vogliono vedere messaggi, mentre sono grida di preoccupazione, rabbia o gioia”. Poiché più avanti l’Uomo delle Bollicine sostiene di essere un gran lettore (“leggo saggistica, psicologia e filosofia”) gli consigliamo anche un corso accelerato di semiologia, nei ritagli di tempo lasciati da concerti e vacanze (“quest’estate non ho messo i piedi giù dalla barca se non per la corsa mattutina”). Scoprirebbe che le “grida di preoccupazione, rabbia e gioia” sono, banalmente, “messaggi”. Ammesso e non concesso, naturalmente, che sia data anche qualche altra possibilità ai fruitori non settari delle sue bidimensionali canzoni che “o divertono o commuovono”. Magari annoiano, anche, magari lasciano indifferenti. Magari ti sembra di averle già sentite.

Sublime affondo di Gem Archer, chitarrista dei “nuovi” Oasis (a volte, purtroppo, ritornano) nell’intervista concessa a Edwin Van Dalen, e rilanciata in Italia (3 ottobre 2008) da quel sobrio e blasé quotidiano che è Metro. Dice il Nostro, con onesta dissimulazione: “Siamo al livello di Beatles o Stones.” Perbacco. Prendiamo atto. E prendiamo atto, di conseguenza, che Moccia è l’erede di Philip Roth, che i Vanzina pesano sulla bilancia della storia come Truffaut, e che il gruppo del Bagaglino è puro teatro classico greco.

Tiro al Beatles. Non avevamo ancora finito di apprezzare le memorabili discussioni della nostra stampa, mettiamola così, “filogovernativa” sulla memorabile rivelazione che in realtà i Beatles erano null’altro che una macchina per far soldi (e non siete contenti, allora, idolatri incravattati del libero mercato?) che si annuncia la “nuova” biografia di Philip Norman su un John Lennon maschilista, erotomane, sgarbato e parecchio tamarro. Accidempoli. Sta a vedere che “Imagine” ora diventerà l’inno di La Russa. Basta, pietà. Sennò attacchiamo noi con le pruderie e le rivelazioni scottanti. Ne abbiamo armadi della vergogna pieni. Ad esempio: quel dissoluto di Robert Wyatt confessa di trarre ispirazione per le sue triviali composizioni dal giardinaggio e dall’osservare le tartarughe. Non c’è limite alla dissolutezza, se volete la guerra.


Francesco Bianconi dei Baustelle, intervistato da Alberto Campo qualche tempo fa per Il Giornale della Musica, ha dichiarato, testuale : “Genesis, Gentle Giant, Jethro Tull mi facevano ridere”. Come non condividere tale perla sapienziale, distillata evidentemente in centinaia di ore di ascolto e studio? Ad esempio suggerendo al giovane e navigato Bianconi altre musiche che sono e suonano francamente ridicole. Prendete quel buontempone di Stravinsky: si muore, dopo due note. O quel pagliaccio di Mahler: da schiantare dalle risate, il “Canto della Terra”. Non basta? Un ascolto della pacchiana clownerie di “A Love Supreme” è solletico intellettuale puro. E “Tago Mago”, dei dinosauri Can? Si ride a crepapelle. Baustelle allegri, il Ciel li aiuta, dice il proverbio. (Uriah Festiheep)

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