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In tempi in cui il jazz femminile flirta con il media business e la Krall (apparsa anche a Sanremo) sposa un divo pop come Elvis Costello, Dianne Reeves rimane saldamente ancorata a stilemi classici che vogliono la cantante jazz muoversi come femme fatale avvolta in un malinconico velo di fumo. Ecco allora che l’indiscussa classe dell’artista viene sbiadita da un troppo insistito rallentamento del repertorio, che continua a snobbare l’originalità, appoggiandosi sulla solita (più o meno) conosciuta selezione di Senza Tempo.
Se le modulazioni vocali e la freschezza di “What A Little Moonlight Can Do” o il Porter di “I Concentrate On You” riescono a smuoverci dall’indifferenza, la stessa cosa non si può dire per altre esibizioni affogate nella sonnolenza. Non tutto è disprezzabile, ma molto è certamente noioso. (Massimo Villa)