Sarà il nome o il titolo, sarà il vivace disegno colorato in campo bianco, ma a guardare la copertina dell'ultimo disco della Minafric Orchestra del bravo trombettista (ma è ampiamente riduttivo) Pino Minafra, prosecuzione naturale del progetto Sud Ensemble, che nel 2005 aveva realizzato (per la tedesca Enja) il superlativo "Terronia", viene in mente un vecchio disco (già abbondantemente tardo però) dell'orchestra di Count Basie ("Afrique", appunto), con gli arrangiamenti di Oliver Nelson. Qui però non siamo alle prese con uno swing coraggioso e aperto (che, sulla scia di una coinvolgente tournée nell'antico Giappone, rivedeva tra l'altro composizioni di Albert Ayler e Pharoah Sanders) alla ricerca delle perdute radici africane, ma ci troviamo "semplicemente" a Ruvo di Puglia, nell'Alta Murgia Barese, a contatto con un suono "tutto meridionale, reale e immaginario", oltre che mediterraneamente afroamericano. La storia del jazz vi è ampiamente compresa (da Cab Calloway all'Art Ensemble Of Chicago, giusto per capirsi al volo), così come la reinvenzione del tradizionale linguaggio bandistico, in un'intima connessione tra dinamiche jazzistiche e stilemi etnici e popolari, non trascurando la vivacità ritmica di rock e pop, e tenendo sempre in considerazione quanto la Puglia sia da sempre una sorta di speciale porta bizantina e barocca, bianco levantina, affacciata sul vicino oriente, l'Europa (quella balcanica in prima istanza, con la sua complicata storia tutta particolare) in questo suo cruciale momento di nuovo faticoso cammino, e la madre Africa, che per noi (a volerla vedere) è sempre stata lì. Un'orchestra nata "per dare voce e suono alle musiche del nostro tempo travagliato e inquieto, volgendo lo sguardo su tutto l'orizzonte geografico, musicale e culturale del nostro sud", attraverso un suono luminoso e generoso, "dove il grido, la melodia, il ritmo, l'ironia e l'improvvisazione, convivono in uno strano equilibrio". Una nutrita ed entusiasta formazione intrisa di fiati (ance e ottoni), della quale fanno parte alcuni dei maggiori musicisti italiani, che con Minafra vivono da tempo passioni, progetti e interessi (Beppe Caruso, Carlo Actis Dato, Sebi Tramontana), oltre e soprattutto al meglio del jazz pugliese (Roberto Ottaviano, Gaetano Partipilo, Nicola Pisani, Giorgio Vendola), e al figlio di Pino, il talentuoso Livio Minafra nel triplice determinante ruolo di pianista, compositore e arrangiatore, molto divertente (per esempio) al piano preparato, filtrato da qualche marchingegno elettronico. Ma a questa nuova edizione della Minafric Orchestra si associano anche le meravigliose Faraualla (Gabriella Schiavone, Serena Fortebraccio, Terry Vallarella, Maristella Schiavone), quartetto vocale barese tutto al femminile (a tratti una vera e propria corale sui generis), con le sue funamboliche e assertive armonie vocali, estratte da una profonda tradizione popolare, ancestrale e magica, e però opportunamente reinventata, quasi trasfigurata, da un sapiente gusto per una sperimentazione audace, vissuta in una postmoderna chiave popular. Musica giubilante e pacifica, pirotecnica, caleidoscopica e spettacolare. (Marco Maiocco)
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PINO MINAFRA - “MinAfric”
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