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Jazz Recensioni ENTEN ELLER - Pietas
 

ENTEN ELLER - Pietas ENTEN ELLER - Pietas Hot

enten ellerRiteniamo così suggestive ed efficaci le parole di Massimo Barbiero e del critico e giornalista Davide Ielmini nel libretto a corredo di quest'ultima "fatica" degli Enten Eller (live at "34° Open Jazz Festival" - Bollengo - Torino), che ci ritiriamo un po' dal commentare direttamente, limitandoci a riproporne alcune nella loro interezza, considerandole le più adatte a esplicitare il senso del lavoro di questa storica formazione del jazz italiano più colto (che dal celebre aut aut kierkegaardiano ha preso le mosse), qui coadiuvata anche dall'intensità espressiva (una specie di fuoco sacro) di Javier Girotto al sax soprano e al flauto. D'altronde ubi maior, minor cessat. Barbiero riflette, proprio come lo scrittore Elias Canetti nel suo "Auto da Fé", sulla "catastrofe del mondo" legata "all'impotenza di fronte a tanta violenza travestita da comunicazione". "Anni fa - dice Barbiero - mai avrei pensato che la destrutturazione dei sentimenti, nella nostra epoca, procedesse ad una velocità così impietosa. La nostra musica, però, non ha la presunzione di descrivere ciò che accade, anche se vorrei che raccontasse questi nostri tempi come conseguenza dei tempi. Come una fotografia dell'oggi, che ci priva di un'umanità considerata non più necessaria. Ci proviamo, ma senza quadretti stucchevoli su politica ed economia. Cerchiamo una percezione più ampia; una specie di morte della ragione. Allora, non facciamo resistenza a qualcosa, ma rifiutiamo il qualunquismo etico ed estetico della contemporaneità". Barbiero parla insomma di pietas, di comprensione, rispetto per gli altri; un concetto antico, anche se non troppo, elaborato dalla mitologica e cultura classica, non senza fatica, e forse simboleggiato e rappresentato al meglio da quell'Enea, che dalla Troia sconfitta raggiunge le coste del Lazio con il padre Anchise, vecchio e stanco, sulle spalle. Un concetto che oggi sembra essersi smarrito nelle nebbie della surmodernità e di una società fintamente liquida, ma non più capace di costruire massa critica. "Pietas è musica che lotta contro l'oblio. Non il jazz che intrattiene e consola, perché quella è musica che tradisce le sue radici e le sue motivazioni sociali. In Italia sembra che anche il jazz abbia abdicato da tempo ad un impegno culturale". "Ecco la 'Pietas' degli Enten Eller: un processo in divenire, con molti contrasti risolti al momento stesso in cui si creano. Una sorta di rituale (dall'eco antico, aggiungiamo noi) che può funzionare solo tra noi, e solo in quel modo, e capace di stupire noi stessi di quanto si ottiene. È bello pensare che ci siano ancora questa ingenuità e questo rispetto nel suonare una musica che molto spesso è ostaggio di forme: più passano gli anni e più, queste, sembrano diventare modi da ostentare, quasi a garanzia del saper suonare". Forse anche in questo caso Martin Heidegger avrebbe parlato di un abitare per costruire, in opposizione ad una forma pre-ordinatrice dell'abitare. Perché con gli Enten Eller siamo alle prese con "l'estremo che convive con il limite e magicamente senza limiti". Soprattutto in un lavoro come questo, che Barbiero definisce essere un'improvvisazione totale, pur a partire da un consolidato repertorio di "temi" vecchi e nuovi, nata dal mutuo e reciproco ascolto, durante la preparazione dei suoni, il cosiddetto sound check. "Un suono (totale) che, in 'Pietas', gioca con la gravità fino a schiantarsi a terra come un'incudine su piedi d'argilla". "Un coagulo di energia e potenza a difesa di quel destino implacabile, di cui parlava Olivier Messiaen in occasione della "Danse Sacrale" di Igor Stravinsky. Quel destino che ci travolge, perché non credo vi siano cose che noi vogliamo. Le cose non le si deve provocare, ma solo accogliere con prontezza quando accadono. Le idee degli Enten Eller, negli ultimi anni, sono sempre più forti e non vacillano". Si stratificano, nidificano, procreano altri pensieri: è qui - dice Ielmini - "che Barbiero smetterebbe di suonare per ascoltare gli altri in una musica così fluida, eppure al tempo stesso solida e quasi plastica", potremmo anche dire diafanamente materica, o dal nitore materico. "Un mondo, quello degli Enten Eller, nel quale ciò che è può essere cambiato senza ipocrisia e con coerenza. Da qui nasce la tentazione di Barbiero, che di questa musica cambierebbe tutto continuamente". "Vorrei poter riplasmare quanto scritto e improvvisato in ogni attimo. E il bello di questo gruppo è che lo puoi fare, perché tutto fa parte di un simposio, che è eterna conversazione: sai che quelli con cui suoni ti ascoltano e che, soprattutto, la musica e l'incontro potrebbero non avere mai fine". E allora che il dialogo continui. (Marco Maiocco)

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