Come Sisifo, l'antico personaggio della mitologia greca, condannato a trascinare eternamente in cima ad una ripida montagna un pesante e granitico macigno, e a ricominciare ogni volta d'accapo, al termine di ciascuna faticosa salita, Barbiero non si ferma, sempre alla ricerca di se stesso, della propria voce interiore, delle possibili concordanze tra le proprie corde e quelle dell'ambiente che lo circonda o della stessa natura, sottesa (chissa...!?) se da sottili stringhe riverberanti un continuo suono fossile o da armoniose sfere celesti, possibili fantasmatiche e trasparenti strutture dell'infinito (o finito) cosmo. Al contrario di Sisifo, però, l'umanista, filosofo, oltre che talentuoso musicista, Barbiero vive con gioia la fatica della ricerca, come dovrebbe convenirsi ad ogni buon ricercatore. Perché misurarsi con il problema della conoscenza non può che consistere nell'avventurarsi in perigliosi percorsi, irti di ostacoli e difficoltà da superare, prima di approdare alla fatidica illuminazione, preludio di molte altre, guadagnate con altrettanta fatica e necessaria determinazione. Lo stesso Albert Camus, d'altronde, a un certo punto della sua celebre riflessione sulla potenza metaforica di questa mitica storia, crede sia giusto immaginare che Sisifo possa essere felice, perché immerso in un'immane missione che ha la forza di conferirgli un innato e profondo senso esistenziale. Ovviamente Sisifo sta anche a rappresentare il peso dell'esistenza, la frustrazione derivante dalla sua apparente inutilità, la sensazione di sentirsi sopravvissuti alla fine di ogni giornata, e quindi in qualche modo in salvo, ben sapendo che il giorno dopo bisognerà ricominciare d'accapo, e con un giorno in meno da vivere, per giunta. Come tutti i miti, infatti, che sublimano la realtà, inscrivendola in un contesto assoluto e paradigmatico, anche il mito di Sisifo assolve pienamente alla sua funzione metaforica e pedagogica, ma chissà che non avesse ragione Camus, e non abbia ragione Barbiero: Sisifo probabilmente non è frustrato ed irrimediabilmente sconsolato, è possibile che sia felice. Come pare sereno lo stesso Barbiero (appunto), batterista, percussionista del jazz italiano più colto, dal ricco e blasonato percorso (prima con gli Enten Eller, poi leader degli Odwalla, e non solo), che qui ritroviamo e ascoltiamo placidamente immerso tra le risonanze, luminose e diafane, del suo ampio set percussivo, sprofondato tra pelli e tamburi, gong e metallofoni di vario tipo, wavedrums e ninnoli tintinnanti di ogni sorta e foggia, sospeso tra un accademico gusto compositivo, quasi fosse un sinfonico timpanista autarchico, l'improvvisazione jazzistica e la fascinazione per le musiche del mondo; a partire dalle plurime voci della genitrice Africa, fino a un'idea di lontano Oriente, o di mari dell'asiatico sud-est (il gamelan indonesiano sembra continuamente evocato), solcati non con "lanternina" e tremebonda circospezione, ma con l'intrepida audacia, non priva di un profondo rispetto, del capitano coraggioso. Anche perché in Barbiero, e per fortuna, non alberga la vacua smania dell'esotico, ma l'idea di un'autonoma, autentica e personale ricomposizione di suoni, l'ideazione di un paesaggio sonoro interiore, meta e rifugio, ma anche viaggio, avventuroso passaggio, per ogni anima alla ricerca di una sentita, profonda e necessaria meditazione. A tessere le fila del discorso, come spesso accade nell'ascetica musica di Barbiero, e come in qualche modo abbiamo già lasciato intendere, i mille rivoli della mitologia classica e della sua incantata ferocia, sepolta nella nostra cultura (purtroppo o per fortuna) dall'unico "mito" rimasto da duemila anni a questa parte, quello della rivelazione cristiana, oggi probabilmente inadeguato a tessere un'archetipica rappresentazione della realtà, oltre che svuotato dall'interno (ma forse Papa Francesco ci sta lavorando); una mitologia classica che è forse più consona (chissà....!?), con la sua (anche) inquietante poliedricità, a nuovamente fungere da possibile lontano raffronto per i nostri magmatici tempi. Risonante. (Marco Maiocco)
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MASSIMO BARBIERO - Sisifo
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