Qui il "cuore della faccenda" sta nel fatto che è difficile cogliere il senso di un'operazione siffatta. Perchè questo lavoro del già apprezzato batterista e programmatore del suono tedesco Wolfgang Haffner si fonda su un troppo facile e (diremmo) non nuovo easy listening, sospeso tra certa fusion post litteram, con un occhio di riguardo a timide venature etniche zawinuliane, l'impersonale new age, e a tratti l'odierno ascolto da salotto (o meglio da lounge bar). Tutto soffuso, in punta di piedi, ben suonato, un piacevole e rassicurante melodismo, intessuto dall'interagire elegante tra strumenti acustici, elettrici e (poca) elettronica. Un solo guizzo, alcuni istanti di natura floydiana, nel cuore della più increspata "Dom", grazie alla chitarra gilmouriana di Dominic Miller, e una chiusura methenyiana di un certo pregio nella sognante e (appunto) finale "Island Life". Si distinguono Sebastian Studnitzky alla tromba, con il suo cosmico approccio molvaeriano, e Eyhtor Gunnarsson alle tastiere, dal classico suono tardo rock progressivo. Ma tutto resta troppo in trasparenza, come in filigrana, a costituire quasi un fondale sonoro ambientale, da carta da parati. Brian Eno, forse, ne sarebbe contento. Da rivedere. (Marco Maiocco)
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WOLFGANG HAFFNER - The Heart Of The Matter
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