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Jazz Recensioni FURIO DI CASTRI - L’esigenza di andare verso il basso (Parco della Musica 2007)
 

FURIO DI CASTRI - L’esigenza di andare verso il basso (Parco della Musica 2007) Hot

Image Un disco di contrabbasso solo? No grazie verrebbe da rispondere. E invece sì, grazie, soprattutto ai due amici che me lo hanno consigliato, Antonello Mura, discario d'antan in via Cairoli (un po' di pubblicità manifesta non può che far bene) e Carlo Boccadoro, musicista e direttore d'orchestra (è appena uscito per Einaudi il suo “Lunario della musica”). Sì perché “L'esigenza di andare verso il basso”, registrato dal vivo al Parco della Musica di Roma nel febbraio del 2006 è un disco pressoché perfetto, a partire dal titolo, passando per le note di copertina, per finire alla musica, ricca di suggestioni, colori, toni, situazioni, quasi fosse un'intera orchestra a suonarla e non un singolo strumentista. I motivi di un disco in solo, al quale molti musicisti arrivano e tutti aspirano, sono evidenti: se in musica, nel jazz in particolare, il confronto, oltre che auspicabile, è inevitabile, altrettanto ineliminabile, anzi fondamentale, è la dimensione della solitudine del musicista con il proprio strumento: è il momento dello studio, dell'esercizio, dell'esplorazione personale; e suonare un intero concerto da solo, come scrive Di Castri nelle note di copertina, “equivale a ritrovare l'essenza della propria poetica in cui il suono si confronta con il silenzio”.

Trattandosi di un contrabbasso poi, con tutte le peculiarità del caso (ma su questo argomento la meravigliosa pièce di Patrick Suskind – Il contrabbasso - ha detto tutto quello che c'era da dire) il suddetto confronto appare davvero improbo: Di Castri si fa aiutare da un po' di elettronica (non troppa), da dita, pugni e carezze percosse sulla cassa dello strumento, da oggetti quotidiani, sacchetti di plastica, carta, bacchette da cibo e da batteria. E due campionamenti: il primo, che dà il la (anzi il ta, ascoltate e capirete) al concerto e il titolo al disco, è una frase di Alberto Sordi, ma in pieno stile Totò, tratta da ”Il moralista”: ”Signori, mio padre suonava il contrabbasso. Chi vi parla perciò viene da una famiglia che ha conosciuto le bassezze della società”; e il secondo, uno spezzone dell'ultimo discorso di Salvator Allende, drammatico contrappunto alla commovente “Madrugada”. C'è anche un omaggio a Ellington (l'arabeggiante arazzo elettro-acustico di “Ellington Conception 5”), uno al maestro Mingus (“I X Love”) e uno al maestro Monk che con “Pannonica” chiude nel migliore dei modi un disco davvero bello. (Danilo Di Termini)

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