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I Dirty Three, trio australiano formato da Warren Ellis al violino, Mick Turner alla chitarra e Jim White alla batteria, a partire dal loro esordio,hanno immediatamente colpito per la passionalità e la travolgente forza evocativa della loro musica. Laddove i suoni della totalità delle nuove formazioni strumentali sono il prodotto di uno sforzo cerebrale , i Dirty Three mettono in campo l’anima: un’anima nera, romantica e crepuscolare che affonda le proprie radici nel rock ma che, attraverso un’esecuzione impetuosa, riesce a trasformare l’ordinario in straordinario, a creare paesaggi sonori singolari di una bellezza che trascende il tempo. Il gruppo di Melbourne ha prodotto uno stile tra i più significativi dello scorso decennio:un rock da camera che coniuga jazz, blues, country e avanguardia con un atteggiamento scenico non lontano da quello del primo Nick Cave.“Ocean Songs”,il loro quarto disco, è forse l’album più riuscito, ma qualsiasi opera del gruppo merita di essere presa in considerazione.Prodotto da Steve Albini, il disco riesce a trovare magnifici equilibri come in "The Restless Waves", con i piatti di White a mimare il rumore delle onde che si infrangono sulla scogliera e in "Distant Shore" che stempera il clima evocando un miraggio d'orizzonti sconfinati, mentre le frasi minimali della chitarra si sposano con il violino. Quest'ultimo, è l'indiscusso dominatore dei nove minuti di "Authentic Celestial Music", capolavoro dell’album, in cui Warren Ellis suona la viola come John Cale ai tempi dei Velvet Underground: distorto, elettrico ed impetuoso. Un disco intenso e commovente, ben lontano dai virtuosismi dei tanti album strumentali degli anni novanta.
(Andrea Tassistro)