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Nel 1994, in piena era post-grunge, si presentano sulla scena dell’indie rock gli Weezer, quattro giovanotti dall’aspetto rassicurante, vestiti come studenti di college e probabilmente appena usciti dal garage di casa trasformato in sala prove. La musica del loro disco d’esordio, ribattezzato banalmente “Blue Album” per il colore della copertina, è qualcosa di nuovo e che influenzerà in maniera significativa tutta la produzione rock e indie rock degli anni a venire. Sono loro infatti che mischiando chitarre distorte, coretti e ritornelli accattivanti pongono le basi per la futura esplosione del power-pop e dell’emo-rock.Non solo infatti è difficile riuscire a non saltare sul letto della propria cameretta ascoltando Blue Album, ma è anche difficile non farsi ammaliare dai testi delle canzoni che sembrano fatti apposta per tutti quei punk-rockers mollati dalla fidanzata (The World Has Turned and Left Me Here), che hanno distrutto i loro vecchi cardigans (Undone - The Sweater Song) o che preferiscono andare a fare surf piuttosto che cercare un lavoro (Surfwax America). River Cuomo, leader incontrastato della band, con un pizzico di ironia e humour disegna un mondo positivo in cui non è più il sentimento di apatia e di rifiuto della propria esistenza che la fa da padrone, ma una malinconia ottimista, ricca di speranze.Il clamoroso successo del video di “Buddy Holly” aveva fatto pensare ad una band capace di sfornare solo un singolo che gli altri brani del disco non sarebbero riusciti ad eguagliare. Così non è: tutte le dieci canzoni dell’album hanno alta intensità e carattere, tanto che la casa discografica Geffen celebra il “Blue Album” proprio in questi giorni con una versione deluxe (doppio CD) ricca di B-side e pezzi live.
(Giovanni Besio)