Grazie al sapiente ed efficacissimo assemblaggio di riferimenti alla mitologia western, sonorità country-rock e mere esigenze di mercato, gli Eagles arrivano ad assaporare il successo con Desperado, un album che fin dalle belle immagini di copertina rivela abilità, talento e scaltrezza. Manca ancora qualche anno alla celebrità planetaria che la band otterrà con Hotel California, ma Don Hanley, Glenn Frey e Bernie Leadon cominciano già ad occupare uno spazio significativo nel song-writing californiano dell’epoca. Le loro ballate romantiche e fortemente evocative hanno un notevole appeal e riescono a sedurre in modo garbato e intrigante.
Le radio della costa ovest trovano in Desperado una preziosa fonte d’ispirazione; i brani dell’album vengono programmati con regolarità e l’apprezzamento degli ascoltatori non tarda a manifestarsi. In breve, il lavoro degli Eagles ottiene una risonanza internazionale. Canzoni come Doolin Dalton e Tequila Sunrise (destinate a diventare dei piccoli classici) sembrano acerbe sceneggiature western che evocano eroi solitari, magnifici tramonti infuocati, strade battute dal vento del deserto e riarse dal sole. Il prezioso intervento di co-autori come J D Southern, David Blue e Jackson Browne, vere punte di diamante della canzone americana di quegli anni, conferisce ulteriore dignità creativa ad un album che va ben oltre l’innocua piacevolezza dell’easy-listening. In realtà, nella famosa title-track, così come in Outlow Man, Bitter Creek e Saturday Night, c’è molto più di una gradevole alternanza di belle voci e inappuntabili chitarre. In Desperado si coglie l’essenza di una grande e consolidata tradizione musicale, capace di rigenerarsi su basi nuove per merito di un gruppo di musicisti giovani e capaci. (Ida Tiberio)