Rickie Lee Jones, nata a Chicago ma profondamente californiana per cultura e formazione artistica, è un connubio pressoché perfetto di sregolatezza, fragilità e grinta. Il suo disco d’esordio, che risale al ‘79, fu una magnifica sorpresa e spiazzò quanti vedevano in quella giovane musicista dalla bellezza sinuosa e magnetica null’altro che la luce riflessa del suo celebre compagno, Tom Waits. Le prime note di “Chuck E’s In Love”, il bellissimo brano d’apertura dedicato al poeta e musicista Chuck E. Weiss, fugarono ogni dubbio: il talento di Rickie Lee era, già da allora, davvero unico e per nulla artefatto. A distanza di venticinque anni quest’album è ancora in grado di incantare con la sua fascinosa sintesi di ballate jazzy e poesia, candore e inquietudine. Le storie che Rickie Lee canta con la sua voce ruvida e dolcissima, raccontano di fughe in autostrada e di notti randagie, si nutrono di ricordi legati a un angolo sperduto della provincia americana o ai sobborghi più cupi di Los Angeles. Ma soprattutto, Rickie Lee Jones è sensibile ai sogni e alle utopie. I protagonisti di “Last Chance Texaco”, “Danny All-Stars Joint” o “Coolsville” altro non sono che inquieti sognatori alla ricerca di una possibilità di riscatto. Personaggi smarriti e perdenti che tuttavia inseguono un miraggio di libertà e di autoaffermazione, anche a costo di infrangere regole e sfatare luoghi comuni. Ne deriva una sorta di viaggio musicale che punta senza esitazione al cuore più puro e innocente dell’America. Lo stesso narrato anche da Tom Waits e dai tanti altri artisti che solo ai margini delle metropoli e nei bar di periferia, quelli che alle prime luci dell’alba ancora non si rassegnano a chiudere, trovano la poesia sgraziata e ribelle che cercano. (Ida Tiberio)