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Antiepico, frammentato, disilluso. E al tempo stesso teso, brillante, intelligente. Ancor più di “You’re Living All Over Me” dei Dinosaur Jr., “Slanted & Enchanted” è il vero specchio di un’intera generazione americana, quella “slacker”. Specchio e non “manifesto” perché qui si parla di ragazzi e ragazze incapaci di elaborare sotto forma di ideali un quotidiano fatto di college, tanta televisione e piccoli lavori di scarsa soddisfazione (illuminante al riguardo è il film “Clerks”). Un deserto culturale ed emotivo? No perché, come ai tempi della generazione che possedendo troppi ideali li aveva disfatti tutti, è ancora una volta la musica a fornire il supporto descrittivo necessario. I Pavement nascono alla fine degli anni ’80 per opera di due giovanotti freschi di laurea, Stephen Malkmus e Scott Kannberg e di un batterista post-hippie, Gary Young. Incidono singoli che mandano in giro senza alcuna informazione biografica, ma che suscitano l’interesse di tutta la stampa specializzata e persino del celebre dj inglese John Peel. Nel 1992 “Slanted & Enchanted” è il loro primo album, ha in sé tracce di Velvet Underground, Feelies, Fall, Pixies e Replacements e sarà destinato a influenzare centinaia di gruppi, compresi quelli del cosiddetto post-rock. Canzoni brevi, più elaborate di quanto appaia a un primo ascolto e piene di rapide invenzioni chitarristiche che rifuggono da qualsiasi virtuosismo. Canzoni talora nervose, talora percorse da una liricità commovente proprio perché pare vergognarsi di essere tale (“Summer Babe”, “In The Mouth A Desert”, “Here”). Straordinaria è la recente ristampa Matador su doppio cd con 34 (!) pezzi aggiunti, dodici dei quali tratti da un grintoso concerto alla Brixton Academy di Londra.
(Antonio Vivaldi)