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È vero, ci sono momenti in cui si addensa una certa cupezza, ma è la cupezza del sonno agitato, del sogno strano che, la mattina dopo, lascia solo una lieve traccia di sé. Sei brani lunghi, incantatori, pieni di invenzioni, nati, quasi per caso, a Venezia (di nuovo l’acqua…) su una piccola tastiera e poi completati da Wyatt durante la terapia di riabilitazione seguita alla caduta che gli paralizzò gli arti inferiori. Se è vero, come sostiene Francis Bacon, che la grande arte nasce inevitabilmente dalla sofferenza, è altresì vero che raramente l’elaborazione in chiave artistica della sofferenza è avvenuta in modo tanto sereno: “Sentivo che la perdita delle gambe avrebbe potuto regalarmi una nuova libertà”. Forse consci dell’irripetibilità della situazione, anche i collaboratori sembrano dare qualcosa in più: da Hopper a Frith, da Oldfield allo straordinario (e purtroppo scomparso) trombettista Mongezi Feza. (Antonio Vivaldi)