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Forse è perché Sudden era uno che ci credeva, che si faceva voler bene da chi suonava con lui (mica nomi da poco: Peter Buck, Mike Scott, Jeff Tweedy, Mick Taylor) e da chi lo ascoltava. Forse è perché era uno che, considerato quanto beveva, cadeva spessissimo (accadde anche durante un concerto a Genova) e poi riusciva a rialzarsi (e a incidere un disco). Diciamo che era il fratello artista problematico che tutti potremmo avere. Iniziò negli anni ’70 con la new wave sperimentale e rumorista degli Swell Maps (influenzarono anche i Sonic Youth) per poi virare verso canzoni che prendevano un po’ da Dylan nelle parti acustiche, un po’ da Neil Young in quelle elettriche, oltre al mai nascosto amore per i Rolling Stones sentimentali. Magari non ha mai inciso capolavori però, persino nei dischi meno riusciti, sapeva infilare una o due strepitose ballatone strappacuore. Le cose migliori (ristampate dalla Secretly Canadian e ancora facilmente reperibili) sono quelle incise a nome Jacobites insieme a Dave Kusworth, l’omonimo “Jacobites” (1984) e questo “Robespierre’s Velvet Basement” che contiene un bel numero di ‘classici’ quali “Big Store”, “When The Rain Comes” e l’epica “Where The Rivers End". (Antonio Vivaldi)