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Nei due anni trascorsi dalla morte di Parsons, la Harris ha reso ancora più cristallino il proprio canto e si è circondata di musicisti di grande esperienza (la cosiddetta Hot Band che comprende Glen D. Hardin e il celebre chitarrista James Burton, entrambi già accompagnatori di Elvis Presley). E’ anche grazie a loro (e al produttore Brian Ahern) che brani honky-tonk come “Amarillo” o “Feelin’ Single-Seein’ Double”, per quanto eseguiti senza sbavature, si muovono ad andatura sin troppo vorticosa per i canoni del country classico. Discorso diverso per gli episodi lenti, come “Together Again” o “Sweet Dreams”, ripuliti dalle loro ovvietà romantiche proprio grazie alla limpidezza del canto. Infine è questo l’album dove più affascinanti sono le reinterpretazioni di brani provenienti dal canzoniere di Parsons, in particolare “Sin City” e “Wheels” (quest’ultima eseguita in duetto con Jonathan Edwards). Se il resto del repertorio è ad alto livello, qui c’è qualcosa in più quantomeno a livello emozionale. Forse perché il dolore per la perdita del “grievous angel” era ancora forte. (Antonio Vivaldi)