Nati alla fine degli anni sessanta dalle ceneri incandescenti degli Yardbirds, i Led Zeppelin possono essere definiti, senza timore di retorica e senza enfasi, una band "seminale". Una miriade di hard rockers (e non solo) hanno tentato, il più delle volte in vano, di eguagliare la straordinaria energia e il grande afflato emotivo dei Led Zeppelin, la cui fama assume dimensioni planetarie fin dai primi mesi di attività. I concerti hanno un magnetismo irresistibile e gli album scalano rapidamente le classifiche. Quali sono le chiavi di volta dell'immensa fama della band? Forse la voce lancinante e corrosiva di Robet Plant o la chitarra di Jimmi Page, destinata a fare scuola. O piuttosto, si tratta della magica alchimia di rock, blues e folk che caratterizza un sound irripetibile o della curiosa verve poetica fatta di misticismo e inquietudine che pervadono i testi. Ciascuno può cogliere gli aspetti che ritiene più congeniali alla propria sensibilità. Nonostante il successo conclamato da almeno due anni, sarà Led Zeppelin IV, quello con la celebre casa diroccata in copertina, a fornire l'esatta dimensione del talento della band inglese. La formula magica del gruppo qui raggiunge i vertici della perfezione espressiva. Rock and Roll, Going To California e la celebre Black Dog travolgono con la loro sferzante vitalità. Ma c’è anche spazio per incursioni nel folk, The Battle of Evermore impreziosita dalla magnifica voce di Sandy Danny. È Stairway To Heaven, in ogni caso, ballata inquieta e misteriosa, il vero punto di forza dell'album. Oggi resta, di quella canzone, soprattutto la magistrale chitarra di Page che si fonde nell'urlo tormentato e inquieto di Plant, in un afflato visionario di rara efficacia. (Ida Tiberio)