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Fine anni ’60: Leonard Cohen va a Hydra con chitarra e macchina da scrivere, Pink Floyd e Soft Machine si fanno spesso vedere a Ibiza e i King Crimson immortalano il fascino di una scura “Formentera Lady”. Per non parlare dei Rolling Stones che a Tangeri sono quasi di casa. Il rock si scalda al sole del Mediterraneo e qualche rocker arriva anche in Italia. Fra questi il texano giramondo Shawn Phillips, collaboratore (non accreditato) di Donovan e cantante dall’estensione vocale con pochi uguali (una sorta di Tim Buckley barocco). E’ bello pensare che il suo lavoro più caldo e affascinante, “Second Contribution”, abbia goduto dell’influsso benefico di Positano e di una costiera amalfitana non ancora invasa da automobili ed ecomostri. A più di trent’anni di distanza resta sorprendente la fluida eleganza di tutta la prima parte del lavoro: partenza orchestrale con “She Was Waiting For Her Mother…”, ritmo che risale sino alla frenetica “Sleepwalker” e ritorno alla solennità con “Ballad of Casey Deiss”, elogio della vita “alternativa” ed elegia per un amico scomparso.
Venti minuti che fondono alla perfezione la scrittura ampia e americana di Phillips, le scure partiture orchestrali di Paul Buckmaster e interventi strumentali che oscillano tra progressive e funk. Più frammentaria la seconda parte dove spiccano un classico titolo hippie come “Song For Sagittarians” e la ballata acustica “Steel Eyes”, con le sue lunghe e strane pause fra una strofa e l’altra. L’album è oggi reperibile in cd accoppiato a “Contribution”. Chi scrive si tiene però ben stretta la sua copia in vinile, primo lp mai comprato in una bottega dei sogni chiamata Disco Club. (Antonio Vivaldi)