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I nostri preferiti Rock JOHN PRINE - John Prine (Atlantic 1971)
 

JOHN PRINE - John Prine (Atlantic 1971) Hot

ImageNei classici si scopre sempre qualcosa di nuovo. Una frase tanto banale da essersi meritata un’ironica citazione del Woody Allen scrittore, ma di sicuro efficace. Capita, ad esempio, di riascoltare l’opera prima di John Prine e scoprire che due brani  mai considerati di prima schiera sono invece piccole meraviglie: “Illegal Smile” rende superfluo qualsiasi dibattito sulle sostanze psicotrope grazie a una deliziosa andatura dondolante e versi come “Ho sognato che la polizia ascoltava tutti i miei pensieri”.
“Far from me” mostra invece come si possa dire tutto sulla fine di una relazione semplicemente identificandone il momento di non ritorno: “Lei mi chiese di cambiare stazione/ diceva che quella canzone la faceva stare male/ ma non ce l’aveva con la  musica/ era me che cercava d’incolpare”.  La bellezza del disco poggia su questa attenta oscillazione fra ironia e malinconia, che è poi il punto in cui l’allievo Prine ( realista poetico) si stacca dal maestro Dylan (visionario cinico). Tanta cura metodologica servirebbe a poco, se le melodie fossero deboli. Qui sono sempre ammirevoli, oltrechè ben rivestite da stringati arrangiamenti “sudisti” ( l’album è registrato a Memphis). D’altronde basta il piano elettrico per aggiungere un tocco di desolazione in più a “Sam Stone” (una delle prime testimonianze sul difficile reinserimento sociale dei reduci dal Vietnam) o un violino rurale per rendere irrimediabile il senso di perdita comunicato da “Paradise” (uno scempio ambientale narrato fra rabbia e nostalgia). Un lavoro così perfetto da rendere impossibile ogni replica, anche se Prine saprà mantenersi sempre su livelli artistici almeno dignitosi. (Antonio Vivaldi)

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