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I nostri preferiti Rock CAT STEVENS - Tea For The Tillerman (Island 1970)
 

CAT STEVENS - Tea For The Tillerman (Island 1970) Hot

ImageA inizio anni ‘70 Cat Stevens rappresentò il miglior compromesso possibile fra ‘impegno’ e melodia facile: i cultori dei King Crimson si scioglievano alle prime note di Wild World e Sittin’ mentre chi non andava oltre i Ricchi e Poveri intuiva, anche senza capire le parole, la spiritualità di Father & Son e Peace Train. Come sempre accade un simile miracolo era il risultato di incastri non tutti intenzionali. Nel 1967 Cat Stevens è un promettente cantante inglese, le sue canzoni stanno fra Engelbert Humperdinck e i Kinks e Matthew & Son è andata piuttosto bene come singolo. A un passo dal diventare popstar, il ventenne dal fascino esotico (il vero nome è Steven Demetre Georgiu e il padre è greco-cipriota) si ammala di tubercolosi. Come nel più classico dei racconti edificanti, un lungo soggiorno ospedaliero è occasione di un totale ripensamento umano e artistico. Il Cat Stevens che rientra in scena con Mona Bone Jakon (1969) è un cantautore acustico molto pensoso e molto vicino ad Al Stewart e Ralph McTell. Il grande balzo in avanti arriva con Tea For The Tillerman: resta l’impostazione cantautoriale ma ricompare la vitalità di un tempo, stavolta in chiave rock anziché pop.

 

 

I due marchi di fabbrica sono la voce calda e appena roca di Stevens e i fluidi arrangiamenti strutturati su chitarra acustica (Alun Davies) e piano e organo (Jean Russell) e decorati da cori quasi chiesastici. E naturalmente ci sono le canzoni: Wild World e Father & Son sono consolidati ‘classici senza tempo’ e altrettanto bella è Into White, commovente rivisitazione poetica della degenza ospedaliera. (Antonio Vivaldi)

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