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I nostri preferiti Rock JOHN COUGAR MELLENCAMP - The Lonesome Jubilee (Mercury 1987)
 

JOHN COUGAR MELLENCAMP - The Lonesome Jubilee (Mercury 1987) Hot

ImageA pensarci bene Giovanni Coguaro è un nome da morir dal ridere e anche farsi soprannominare “piccolo bastardo” non è dimostrazione di grande spirito di finezza, ma, si sa, gli americani di provincia bisogna accettarli per come sono, almeno quelli che san suonare, altrimenti il recupero del vero e sano spirito delle radici possiamo scordarcelo oppur demandarlo a sofisticati, intelligenti ma oltremodo compiaciuti rielaboratori intellettuali quali i Talking Heads ultimo formato o il meno conosciuto Ned Sublette di Western Classics. John Cougar (da qualche anno per fortuna anche Mellencamp) riesce, pur con mille evidenti difetti, a risultare simpatico e soprattutto a fare dischi quantomeno discreti sia come discepolo springsteeniano (Nothing Matters And What If It Did), sia come rocker con tentazioni FM (American Fool), sia, infine, come energico portavoce del malcontento proletario e periferico (Scarecrow e Lonesome Jubilee) . E’ fuor di dubbio che il Mellencamp più interessante sia proprio quest’ultimo, se non altro per lo sforzo di costruire opere a tema un po’ grezze, talora retoriche, ma comunque sincere e piene di buoni intenti. Scarecrow era dedicato al problema del cambio generazionale, con particolare riferimento al nativo midwest, mentre Jubilee, più indeterminato geograficamente, appare come una denuncia della disparità sempre crescente fra poveri e ricchi e dell’arrivismo smodato del tempo d’oggi. Tutto questo avviene ovviamente attraverso l’enfatizzazione di quegli elementi di populismo e ‘compassion’ che sono classici di un modo d’intendere la questione sociale assai diffuso negli Stati Uniti fino a qualche tempo fa e oggi in regresso a causa dell’affermarsi dell’ipercompetitività di marca ‘ronaldiana’. Così sono “tempi duri per un onest’uomo” e quando il lavoro manca e la casa non c’è anche l’amore e l’amicizia non possono che provocare delusioni; però la speranza non muore perché “noi siamo la gente e noi viviamo per sempre, noi siamo la gente e il nostro futuro è scritto nel vento”. John Cougar racconta tutto questo con una passione e una partecipazione che derivano certamente da una conoscenza diretta del problema e che fanno perdonare i molti luoghi comuni e le ingenuità ideologiche che s’incontrano scorrendo i testi (specie quando la morale di fondo diventa quella del “tutti lavoriamo per l’America”).

Quanto alla musica, chi segue da tempo il signor Mellencamp noterà un’immutata grinta compositiva associata a qualche piacevole novità in fatto di arrangiamenti data dall’inserimento di strumenti acustici di provenienza popolare nel classico contesto rock’n’roll di matrice rollingstoniana; l’effetto d’insieme è senz’altro positivo, specie quando violino e accordeon funzionano quasi da sezione fiati dando alle canzoni una corposità particolare e atipica. In breve, il miglior disco sia di Cougar sia di Mellencamp. (Antonio Vivaldi)
da Rockerilla n. 110, novembre 1987
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