Millesettecentoventi battute spazi inclusi, questo lo spazio di cui dispongo. Non lo userò per recensire l'album bianco dei Beatles in modo convenzionale citando stili, influenze e arrangiamenti: è un'opera troppo grande e sono certo che passerei il resto della mia vita con il dubbio di non essere riuscito a rendergli pienamente giustizia. Men che meno con lo spazio che ho a disposizione. Prendetelo pure per un atto di vigliaccheria: non mi offendo. Vi parlerò invece della mia storia d'amore con questo disco iniziata un tardo pomeriggio di settembre nel 1978. Avevo tredici anni e lo acquistai in un negozio di Savona noto soprattutto per la musica classica, capirete, ero troppo piccolo per affrontare il viaggio Savona-Genova e andare da Disco Club. Una volta a casa ricordo con che emozione lo spogliai dalla sua protezione di cellophane, dopo un attimo d'esitazione aprii la splendida copertina "gatefold" e rimasi impressionato dalla totale eleganza della composizione grafica interna. Poi l'ascolto.
Una folgorazione, un travolgente maremoto spirituale, una rivelazione. A poco a poco si fece strada in me la certezza di avere tra le mani un tesoro travestito da disco, un amico fedele che mi avrebbe accompagnato per tutta la vita. Non saprei dire quanti momenti di gioia mi sono stati resi più intensi da "Birthday", quanti dolori di cuore mi abbia curato "While my guitar gently weeps", o quante volte ho ascoltato "Helter Skelter" nei momenti in cui avrei voluto prendere a pugni il mondo, ma di una cosa sono certo: se fossi un faraone nel momento del trapasso, darei precise disposizioni affinché questo enorme capolavoro non mancasse dalla mia piramide, insieme ad un buon impianto stereo naturalmente. (Mario Siccardo)
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