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GUN CLUB - Miami (Animal Records 1982) Hot

Image Gli anni ’80 non sono stati solo pop sintetico (Duran Duran, Spandau Ballet) o rock caritatevole da stadio (U2, Simple Minds). Per nostra fortuna (e per sua disgrazia) c’è stato anche chi, come Jeffrey Lee Pierce, ha rimestato nel torbido di quel decennio. “Miami” è il secondo album da lui inciso con i Gun Club (oggi ristampato insieme all’opera prima “Fire of Love” e all’ep “Death Party”). 

 Che Pierce percepisca il mondo come altro rispetto ai canoni usuali è chiaro fin dall’immagine di copertina: alberi e cielo terso, ma le tre povere palme sferzate dal vento hanno le foglie rosso sangue e il cielo è di un giallo-verde polveroso. Dal basso spuntano le tre teste dei musicisti: quello finto platinato è Jeffrey Lee Pierce. I bluesmen neri degli anni ’30 erano concretamente instabili, si muovevano in continuazione da un luogo all’altro, anche quelli ciechi. Il blusman “noir” Pierce è psichicamente instabile e, forse per questo, le sue canzoni sono costruite su un terreno instabile e paludoso come la chitarra slide che le percorre o come la tremolante pedal steel che sottolinea i due momenti “country” del disco, “Texas Serenade” e la straziante “Mother Of Earth”. Anche i brani altrui riaffermano questo senso di diversità, in particolare “Run Through The Jungle” dei Creedence Clearwater Revival, urlo carico di vitalità e rabbia antimilitarista nella versione originale, lamento disperato di un assassino in fuga nella stesura dei Gun Club. “Miami” è il capolavoro di un uomo in bilico che cerca punti fermi in musiche e miti americani primigeni (la strada, ad esempio) senza mai trovarli. Morirà nel 1996, a soli 38 anni. (Antonio Vivaldi)  

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