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Parlando dei suoi lavori “ambient”, Brian Eno diceva: “Musica che si può ascoltare oppure ignorare”. Modificando una sola parola di questa celebre frase si ottiene una perfetta definizione dell’arte dei Low (che di Eno, non a caso, sono ammiratori): “Musica che si deve ascoltare oppure ignorare”. Il trio di Duluth, Minnesota è infatti un nome fondamentale di quel minimalismo rock che tanto ha caratterizzato, insieme all’elettronica altrettanto minima, la scena musicale indipendente della seconda metà degli anni ’90. Non si può far dell’altro ascoltando un disco come “The Curtain Hits The Cast”. O gli si presta attenzione o rischia di sembrare un monolite di noia. Solo chitarra elettrica, basso, una batteria essenziale, melodie lente e dilatate, le voci che si muovono caute negli spazi immensi (forse lo sono davvero, forse è un gioco di specchi) creati da suoni tanto parchi. Ma ci vuole dedizione per ottenere gratificazioni d’ascolto così straordinarie e rare. Verrebbe quasi da parlare di psichedelia metafisica ascoltando lo sciabordio di “Over The Ocean” o l’infinito crescendo dei 14 minuti di “Do You Know How To Waltz?”, eppure non basta ancora perché la delicatezza melodica di “Lust” e “Mom Says” riporta a una dimensione più domestica e concreta, a certi momenti di inspiegabile eppure gratificante malinconia. Nel libretto del cd i tre musicisti sono fotografati in bianco e nero su di un palco; le ombre sono ben più alte delle figure reali. Ecco, forse si può parlare, per i Low, di musica d’ombre: un po’ ci fanno paura, un po’ possiamo trascurarle perché non le vediamo. In ogni caso sono le nostre compagne più fedeli.
(Antonio Vivaldi)