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I nostri preferiti Rock ALAN SORRENTI – Aria (EMI 1972)
 

ALAN SORRENTI – Aria (EMI 1972) Hot

ImageNessuno ha più ristampato “Pop Story” di Riccardo Bertoncelli, primo libro pubblicato nel nostro paese a parlare di musica alternativa. In quel volume i giudizi sulla musica italiana del periodo erano sprezzanti fatta eccezione per un nome, Alan Sorrenti, e un disco, “Aria”. Bertoncelli lo definiva primo album non provinciale della nostra musica e ne paragonava le atmosfere dilatate a visionarie al Tim Buckley navigatore di stelle. Più che a Buckley, il musicista napoletano era accostabile all’intricata poeticità di Peter Hammill e di suoi Van Der Graaf Generator (che a Bertoncelli non piacevano granché), ma i paragoni contano poco. Trascorsi oltre trent’anni e metabolizzata anche la deriva disco-pettinata di Sorrenti, “Aria” resta un disco pieno di idee. Può contare su una prima facciata in teoria a rischio (l’omonima suite di venti minuti) e che quel rischio brillantemente supera: ampia idea melodica iniziale, bello sviluppo condotto dal violino del famoso Jean-Luc Ponty e una voce duttile (solo a volte un po’autoindulgente) e capace di viaggiare su molte ottave.
Pochi nomi del progressive europeo, britannici inclusi, hanno saputo essere tanto poetici sulla classica distanza della ‘facciata intera’. Il secondo lato consegna alla storia la semplice e commovente “Vorrei incontrarti”, che ha fatto diventare romantico più di un giovane politicizzato dell’epoca, per poi perdersi parzialmente nello sperimentalismo didattico di “La mia mente” e nei troppi suoni che intorbidano la limpidezza di “Un fiume tranquillo”. Come abbia potuto finire così male un artista che aveva cominciato così bene è uno dei misteri più tristi della musica italiana. (Antonio Vivaldi)

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