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I nostri preferiti Jazz MIKE WESTBROOK – Metropolis (RCA Neon 1971)
 

MIKE WESTBROOK – Metropolis (RCA Neon 1971) Hot

Image Il tema, invero affascinante, della “Metropoli” ha sempre costituito motivo d’ispirazione per gli artisti, si pensi, ad esempio, nel cinema all’omonimo film “Metropolis” uno dei capolavori di Fritz Lang oppure ad una delle più belle pagine della musica pop anni ’70 “The City” dal primo album dei Mark-Almond. Come già la stupenda copertina preannuncia anche Mike Westbrook, noto pianista inglese, ha affrontato questo tema e lo ha fatto naturalmente in chiave jazzistica contando su ventidue elementi che erano la crema del new jazz d’oltremanica. Strutturalmente “Metropolis” è una suite ed alterna momenti di collettiva improvvisazione a più larghi spazi di ben dosato solismo. In pratica ci troviamo di fronte ad un mosaico a cui ogni musicista contribuisce con la sua esperienza e la sua sensibilità. Ad esempio nella prima parte particolarmente bello è l’intreccio tra la voce della brava Norma Winstone ed il flauto di Ray Warleigh, che effettuano una breve, ma efficace variazione sul tema conduttore. Nel grido della Winstone ritroviamo tutta l’angoscia dell’uomo contemporaneo oppresso dal suo tempo e costretto a vivere in grandi agglomerati urbani, il flauto sottolinea questa atmosfera agghiacciante e irreale. Poi, dopo un bellissimo stacco dell’intera sezione di fiati, la prima parte si conclude con due splendidi assoli di Malcolm Griffiths al trombone e di Henry Lowther alla tromba sempre impeccabilmente sostenuti da una sezione comprendente lo stesso Westbrook al pianoforte, Harry Miller al contrabbasso e Alan Jackson alla batteria.

Nella seconda parte, strumentalmente simile alla precedente, a tre momenti di improvvisazione si alternano diversi assoli tra cui vorrei ricordare quello grintoso di George Khan al sax tenore, quello delicato di Mike Westbrook (che si direbbe influenzato da Thelonious Monk) al pianoforte, quello sintetico di Gary Boyle alla chitarra elettrica (molto sottovalutato, ma prezioso questo chitarrista, che ricordo abile esecutore del brano di Herbie Hancock “Maiden Voyage” nell’album “Befour” con Brian Auger e Clive Thacker) e per concludere quello finale, pacato ed emozionante, di Harry Beckett alla tromba. Quando il disco termina dispiace, perché si vorrebbe che Beckett & c. continuassero all’infinito. Per concludere onore al merito di Mike Westbrook, che ci ha donato un’opera validissima degna di occupare il suo posto nel panorama jazzistico inglese anni ‘70. Sì. Perché questo è jazz, valido e dignitosissimo, anche se qualche giro di basso di Chris Laurence potrebbe far indignare il purista. (Nanni Iguera)
Da Pop Records anno II – n. 2-3 (feb/mar 74)

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