Registrato in due sedute (19 settembre e 12 ottobre), il primo disco solista di Sheila Jordan, protetta di Parker e Gillespie, moglie del pianista Duke e allieva di Lennie Tristano e Charlie Mingus, arriva per merito del suo mentore George Russell che l’aveva voluta in “Outer View” per interpretare "You Are My Sunshine". Passeranno tredici anni prima che riesca nuovamente a incidere: in questo periodo canterà nelle chiese e, spaventata dall’insicurezza economica dell’ambiente, lavorerà come dattilografa fino a quando non ritornerà alla musica professionalmente grazie a Don Heckman e Roswell Rudd.
Eppure il suo “Portrait”, registrato in compagnia di Barry Galbraith alla chitarra, Steve Swallow al contrabbasso e Denzil Best alla batteria (musicisti dell’avanguardia non free del periodo), è un autentico gioiello: dotata di una vocalità rarefatta, quasi fragile come dimostra l’apertura di “Fallling with love”, la Jordan è anche capace di spingersi sugli impervi territori del bop di “Dat dere” di Bobby Timmons e di sfoggiare una virtuosistica eleganza nel minuto e quindici secondi di “Let’s face the music and dance”. Atmosfere scarne e languide (“Baltimore oriole”), impreziosite da una drammaticità intensa che, pur agli antipodi da Billie Holiday, ne eguaglia la malinconica visione (“I’m a fool to want you”), anche grazie ad una concentrata attenzione al rapporto con i musicisti che l’accompagnano. Inciso impeccabilmente da Rudy Van Gelder, il cd non è di facilissima reperibilità: ma quando arriverete alla magistrale chiusura di “Willow weep for me” sarete ampiamente ripagati. (Danilo Di Termini)