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FFS al Porto Antico di Genova FFS al Porto Antico di Genova Hot

FFS al Porto Antico di Genova

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Al porto antico di Genova
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I giovani (e soprattutto le giovani) sono sotto il palco del Boa Goa per Alex Kapranos e i Franz Ferdinand. Quando parte Take Me Home battono le mani felici e pieni di vita. I meno giovani sono anche meno numerosi, ascoltano gli Sparks dai tempi di Kimono My House e hanno la faccia commossa già al primo istante di This Town Ain't Big Enough For Both Of Us. Uno batte la mano sulla spalla del vicino che fa una smorfia di dolore e gli dice "Piano, che ho un versamento". Pieni di vita anche loro, comunque. Poi arriva The Number 1 Song In Heaven e le due generazioni si uniscono nell'alzare l'indice al cielo e nel tributare un'ovazione a Ron Mael ("aspetto da questore di Reggio Calabria anni '50" dice qualcuno) quando si alza dal piano e per 40 secondi si produce in un balletto tra il goffo e il metafisico. Difficilmente l'unione di due nomi illustri della storia del rock riesce ad arrivare a livelli così elevati. I Franz Ferdinand e gli Sparks sembrano un'unica band da sempre. Il disco a nome FFS è un capolavoro assoluto da ogni prospettiva lo si osservi e dal vivo siamo di fronte a una vera apoteosi. come si può intuire già dal poderoso attacco di Johnny Delusional. Occorre dire che Russel Mael, classe 1948, canta meglio di Alex Kapranos, classe 1972. La sua voce è rimasta inalterata, anzi col tempo sembra addirittura impostata, una voce da musical incapace di sbagliare una nota a dispetto dell'usura da palco e di una maglia con collo dolce vita che fa sudare solo a vederla. Invece Kapranos ogni tanto ha qualche calo, ma in compenso pare il James Bond dell'indie rock e si capisce che ha imparato a stare sul palco dai vecchi maestri della new wave anni '80. Balla e si muove trascinando il solitamente composto pubblico genovese, questa volta rinforzato da ampi innesti nazionali e internazionali. Anche strumentalmente la musica viaggia sempre in grande tiro, grazie in particolare a un solido batterista in pigiama a pois, e non perde mai brio nel suo viaggi fra il passato remoto degli Sparks (Achoo) e quello più recente dei "Franz" (Walk Away) per poi arrivare al presente del disco in comune, da cui provengono due ottime stesure di Call Girl e Dictator's Son. Strano a dirsi, il concerto si chiude senza bis e con qualche spostamento di brani rispetto ad altre date. Ad esempio la title-track dell'album, Collaborations Don't Work (ormai una performance quasi cabarettistica), viene spostata a centro scaletta anziché nel finale, dove per logica dovrebbe stare. Si potrebbe dunque pensare a una performance svogliata, ma i musicisti paiono contenti e tonici (forse perché corroborati dalla focaccia che Russell menziona con entusiasmo) e alla fine suonano più o meno quanto a Glastonbury o a Parigi (intorno all'ora e un quarto) e, come detto, senza tirare il fiato un istante. Chi si lamenta per questioni di minutaggio può ancora trovare in vendita i biglietti per Ligabue e Campovolo. (Antonio Vivaldi-Mauro Carosio)

nella foto di Lorenzo Bozzo Alex firma autografi nello stand di Discoclub65

 

 

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