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BLASTEMA - Lo stato in cui sono stato

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Lo stato in cui sono stato
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Di norma, in una recensione non si deve lasciarsi trasportare dalla soggettività ma forse non è possibile seguire fino in fondo questo criterio quando un album ti coinvolge al cento per cento. Le parole dei Blastema arrivano direttamente al cuore, la musica risuona nello stomaco. La voce di Matteo Casadei segue un po’ la scia di Cristiano Godano, giocando con il carisma della sua presenza scenica e il tono calmo /urlato della voce; e anche l’incedere possente del muro ritmico sembra derivare da “Festa mesta” (Miss Allegria) periodo più “sonico” dei Marlene Kuntz (Caos 11) Nei testi del gruppo romagnolo si sente un talento poetico che giustifica l’interesse dimostrato da Luvi de André e che mostra un’inquietudine dai colori attenuati da un’atmosfera alla Pure Morning. Ascoltando Dopo il due è inevitabile richiamare l’immagine di Brian Molko che salta e cammina in verticale sul muro di un grattacielo. È un lamento che nasce da una lirica introspettiva ma istintiva, dal bisogno urgente di comunicare qualcosa che, pur essendo individuale, riesce a diventare collettivo. Il mio innamoramento è partito proprio dal singolo forte in alta rotazione sui canali rock e risale quindi a prima della partecipazione della band al Festival. La nuova edizione de Lo stato in cui sono stato contiene anche il pezzo presentato a Sanremo (Dietro l’intima ragione), che forse è pop – dove “pop” non ha un’accezione negativa, ma significa piuttosto “accessibile al grande pubblico” – però mantiene un alto standard qualitativo, legandosi perfettamente con i momenti più introspettivi con le loro linee calme e controllate (Camilla, La vita sognata). I musicisti si dimostrano così in grado di sostenere delicati fraseggi di pianoforte (Michele Gavelli), accenti di chitarra possenti (Alberto Nanni) e persino accenni classici (Tristi Giorni). Non c’è nulla di scandaloso nel passaggio televisivo, nel record di visualizzazioni in rete o nell’adesione al Concertone del 1° maggio perché la scena italiana ha bisogno di talenti che si affianchino alla scuola ormai consolidata di Ministri e Verdena. (Elena Colombo)

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