Dimenticate Fisherman's Blues (1988): l'intimità del titolo, i suoni intorno al falò celtico, la magrezza della scaletta (13 pezzi, figurarsi). Benvenuti, invece, nella terra dell'abbondanza. Una terra che va dalle coste americane alle scogliere irlandesi, dalle città scozzesi al country ortodosso. Questo paese immaginato è teatro di Fisherman's Box, l'edizione integrale, oltre cento canzoni, delle session da cui nacque il disco. I Waterboys, e per loro il leader Mike Scott, non sono mai stati timidi o dimessi. Qui, però, esagerano. Questo box è un'inondazione e, vale notarlo, sono rarissimi i pezzi ripetuti nel menù. Roba da fanatici. E invece, ahimé, roba sopraffina, pur se logorroica: l'apoteosi dell'ipotesi musicale global-celtica del Signor Scott, tra gighe, ballate, violini e, ovviamente, blues, di ritorno dall'America verso le coste irlandesi. (Marco Sideri)