A volte gli strani dischi sono assai meno bizzarri di quanto possa apparire, cioè, scremato il sospetto che si cerchi facile meraviglia, appena sotto la superficie appare una polpa spessa. Cosa che succede con i Mandol'In Progress. Poche semplici frasi, nel libretto, per dire che un paio di generazioni di ascoltatori hanno nel loro Dna un disco che, da solo, potrebbe essere la summa del rock progressivo e psichedelico del Novecento: Dark Side of The Moon. Neppure l'imponenza delle cifre di vendita e la diffusione capillare in ogni discoteca personale del mondo riescono ad abbattere il semplice mistero di quel lavoro sul tempo e sull'alienazione che sfida, appunto, ogni tempo possibile. E allora si sarà compreso che il gruppo qui in azione, con mandolino, mandoloncello e mandola paga il proprio personalissimo pegno d'amore floydiano: rifare Dark Side of the Moon dalla prima nota all'ultima utilizzando solo plettri e corde in genere confinati nel “folk”. Funziona? Ascoltare per credere. (Guido Festinese)