Il compito del buon critico è di essere tale, ovvero prendere in analisi l’oggetto e, attraverso il verbo scritto, discernerne e possibilmente renderne edotti ed interessati i lettori. Detto questo parlo di un gran disco. Homunculus Res si iscrivono di diritto al Club dei Brocchi di canterburiana memoria e attraverso una materia trattata anacronisticamente ci proiettano verso uno dei futuri possibili della musica peninsulare. Vado di recensione: tutto in questo disco parla in un idioma che, attraverso l’utilizzo di stilemi musicali che spaziano tra il prog spinto e, come sopra citato, la più preziosa scena di Canterbury, mira alla conquista di orecchie sopraffine e stomaci degni di Jarry. Tutto in questo lavoro parla di musica importante, si lavora assai su controtempi, aperture che richiamano i classici e contrappunti baroque’n’roll e, campanilisticamente, Picchio del Pozzo. Se proprio devo essere critico, non necessariamente buono, confido che i ragazzi di Palermo lavorino maggiormente sul linguaggio testuale: d’accordo che l’ispirazione musicale,a cui i musicisti in questione attingono. già traeva dal dadaismo e dalla patafisica ispirazione per testi che più miravano ad assonanze e suggestioni piuttosto che su significati (e qui il tentativo non manca, anzi) ma, mentre apprezzo molto il citazionismo palese di grandi autori della canzone italiana, consiglio di stare attenti a non scivolare in una simpatica goliardia che rischia di mettere in secondo piano la perfetta esecuzione di una musica che, ribadisco, essere importante. Non me ne vogliano i musici ma questo è l’unico appunto ad un’opera che, di per se, definirei perfetta, ivi compresa quella copertina con testone che tanto richiama ben altri maestri. Non aspettate vada fuori catalogo per pagarlo poi un sacco di euro, vi ho avvisati. (Marcello Valeri)